29 Ottobre 2021, 06:22
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PALERMO – Appena qualche giorno per presentare il piano di riequilibrio, poi meno di due mesi per approvarlo in consiglio comunale. La road map per il comune di Palermo è segnata e la strada è stretta, anzi strettissima: la procedura di pre-dissesto, scelta dalla giunta di Leoluca Orlando per evitare il default di Palazzo delle Aquile, non ammette tentennamenti e la data da segnare in rosso sul calendario è quella del 27 dicembre. Perché se entro quel lunedì la quinta città d’Italia non avrà approvato in via definitiva un piano per racimolare tra i 700 e gli 800 milioni in 10 anni, scatterà automaticamente il dissesto.
Non che redigere un piano del genere sia una passeggiata. Al momento gli uffici sono al lavoro e tutto è nelle mani del direttore generale, Antonio Le Donne, che ha già dovuto affrontare il pre-dissesto quando era al comune di Messina. Il consiglio comunale ha votato un emendamento che obbliga la giunta a presentare il piano entro 45 giorni, mentre i successivi serviranno ad approvarlo a Sala delle Lapidi, ma le premesse non sono di certo incoraggianti. Al di là delle beghe politiche resta da capire dove trovare decine e decine di milioni di euro ogni anno per un decennio, in pratica un’ipoteca sui prossimi due sindaci.
Partiamo dai numeri. Il comune di Palermo, ad oggi, non è in condizione di approvare il bilancio di previsione 2021; anzi, per la precisione si trova in una “condizione di insanabile precarietà e strutturale squilibrio”, come scrivono gli uffici. Una situazione dovuta principalmente al fatto che Palazzo delle Aquile non riesce a incassare le tasse (nel 2020 appena 580 milioni su 878) e, per legge, è costretto ad accantonare delle somme per evitare la formazione di buchi nei conti. In poche parole, Palermo ha centinaia e centinaia di milioni di euro chiusi in un cassetto ma che non può toccare per evitare che i mancati introiti possano mandare gambe all’aria l’ente. Il paradosso però è che proprio gli accantonamenti hanno ridotto i soldi a disposizione, col risultato che comunque il Comune va verso il dissesto.
Oltre agli obblighi di accantonamento (Fondo crediti dubbia esigibilità e fondo rischi legali), a condannare la città ci sono anche i debiti fuori bilancio (23 milioni nel solo 2020), la messa in mora di Amat e la mancata approvazione delle tariffe Tari, col risultato che i soldi che in teoria si dovrebbero incassare dalla tassa sull’immondizia comunque non coprirebbero tutti i costi. Senza dimenticare il ricorso ormai strutturale all’anticipazione di tesoreria (il Comune non ha soldi e se li fa anticipare dalle banche pagando interessi, 2,4 milioni nel solo 2020) e un controllo analogo non proprio puntuale, visto che il contenzioso con le partecipate non si è mai risolto, tanto che le partite senza copertura sono pari a 40 milioni e quelle non riconciliate ad altri 22.
Ma quanto servirà in totale? Difficile dirlo, visto che c’è una parte di squilibrio strutturale e una parte una tantum (dovuta al fondo contenziosi legali) che va comunque conteggiata. Lo squilibrio strutturale è pari a 71,6 milioni per il 2021, 56,2milioni per il 2022 e 53 milioni per il 2023, mentre dal 2024 in poi bisognerà considerare l’eventuale peggioramento della media delle riscossioni (quindi minimo una cinquantina di milioni l’anno che però potrebbero essere di più). A questi si devono aggiungere 75 milioni del fondo rischi legali, 8 milioni per i debiti fuori bilancio, 18 per coprire la Tari.
Il risultato è che il comune di Palermo non può chiudere il bilancio e quindi la strada è quella del dissesto. La legge però prevede anche un’altra possibilità, ossia quella scelta dalla giunta Orlando e dal consiglio comunale: il pre-dissesto. In pratica, anziché mandare un commissario (come succede nel dissesto), sono la giunta e il consiglio comunale a farsi carico di redigere un piano di rientro pluriennale (quindi spalmato nel tempo) che risolva i problemi, ovviamente sotto stretta sorveglianza degli organi di controllo. Piano che va però approvato entro 90 giorni, altrimenti il dissesto scatta automaticamente, e che dovrà contenere misure idonee che saranno valutate sia dai magistrati contabili che dal ministero dell’Interno. Peccato che il piano di riequilibrio preveda la preventiva approvazione del bilancio di previsione 2021 che però Palermo non è in grado di fare, visti i problemi di cassa.
Cosa conterrà il piano è ancora un mistero, ma certamente eventuali dismissioni di quote azionarie (come quelle di Gesap che valgono almeno 23 milioni) non possono che essere una tantum e quindi non sufficienti. Le ipotesi al momento sono tante: distribuzione delle riserve disponibili delle partecipate per 42 milioni, aumento delle tariffe per asili, cimiteri e impianti sportivi (altri 9 milioni), implemento della compensazione legale, revisione della spesa, lotta all’evasione con relativa stangata per i morosi. Il problema sarà capire se sarà possibile tagliare e cosa, considerando che il bilancio del comune di Palermo è già praticamente ridotto all’osso
Cosa succede in caso di dissesto? Alcune misure scattano automaticamente: nomina di un’amministrazione straordinaria, aumento delle tasse locali al massimo delle aliquote, stop a nuovi mutui, limiti ai pagamenti, collocazione in disponibilità del personale in soprannumero, ridimensionamento dell’organico. La legge prevede anche che gli amministratori ritenuti responsabili dalla Corte dei Conti (sin in primo grado) non possano ricoprire cariche pubbliche per almeno dieci anni (incarichi di assessore, revisore dei conti, rappresentante di enti locali presso altri enti) e i sindaci non siano candidabili neanche al consiglio comunale, né avere cariche pubbliche di alcun tipo, men che mai parlamentari.
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29 Ottobre 2021, 06:22