PALERMO – Il 5 luglio 2023 si accende una spia. I carabinieri del Nucleo investigativo scoprono che l’anziano boss detenuto, Calogero Lo Presti, ha un contatto indiretto con il latitante Giuseppe Auteri che sarebbe stato arrestato nel successivo mese di marzo. Il “mediatore” sarebbe Angelo Costa che con due distinti canali conversa contemporaneamente con entrambi.
Giuseppe Auteri come un “figlio”
Ad ottobre Lo Presti, parlando con Francesco Zappulla, un emergente arrestato nei mesi scorsi, si rammarica per le scarse informazioni che riceve dal “figlio”. Purtroppo però “in quel periodo “mancava Angelo” che si trova agli arresti domiciliari nel Nord Italia.
Di quale figlio sta parlando? Non certo di quello naturale, con cui non avrebbe difficoltà a mettersi in contatto. In realtà si riferirebbe al latitante Auteri, a cui vuole bene come un figlio.
Il giorno che lo hanno arrestato nel modesto covo di via Giuseppe Recupero, Auteri aveva due iPhone criptati grazie ai quali ha continuato a gestire il potere che gli era stato affidato dopo l’arresto di Tommaso Lo Presti, il lungo (cugino dell’omonimo boss arrestato nel blitz dei 181 e soprannominato il pacchione) a cui Auteri ha dovuto passare il bastone del comando una volta tornato in libertà.
Nei due anni di latitanza Auteri, però, è stato il capo. Ordinava pure il pestaggio di chi si comportava male. Cristian D’India, assoldato per lo spaccio e per le spedizioni punitive, intercettato spiega che è stato autorizzato da “quello”. “Mio figlio?”, chiede Calogero Lo Presti. Che aggiunge: “Comunque, salutamelo e gli dici che si apre gli occhi. Perché a lui solo abbiamo”.E rivolgendo un chiaro invito a Filippo Maniscalco: “Voialtri guardatelo. Hai capito? Guardatelo”.
La latitanza di Auteri inizia il 16 settembre 2021, quando tentano invano di notificargli la cessazione della esecuzione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Palermo. Da quel momento Auteri non fa più rientro a casa interrompe i contatti con i familiari. Alcuni canali sono rimasti attivi però.
La moglie del boss
Su tutti quello con Roberta Presti, anche lei fermata nel blitz a Porta Nuova, moglie di Francesco Arcuri, boss di Borgo Vecchio che sta scontando 24 anni di carcere. È stato, infatti, il mandante del pestaggio mortale dell’avvocato Enzo Fragalà. Presti per parlare con Auteri usa un criptofonino con scadenza periodica dell’abbonamento e l’impostazione “a tempo” delle chat.
I carabinieri, delegati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, analizzano una montagna di tabulati telefonici e telematici per individuare le celle agganciate. Alla fine si concentrano su un iPhone spesso localizzato nei pressi della casa di Presti. Ed ecco la scoperta: la donna usa la piattaforma di messaggistica criptata nota con il nome di “No.1BC”.
Il successivo screening fa emergere che un altro criptofonino, è “stanziale nella zona di via Oreto” e viene attivato nello stesso istante in cui Roberta Presti chatta col proprio telefono riservato. Sulla base dello studio dei tabulati telematici e della triangolazione delle celle telefoniche il criptofonino viene localizzato all’interno dell’area geografica compresa fra le vie Oreto, Carlo Gemellaro, Silvio Boccone e Bernardino d’Ucria.
I consumi Enel sospetti di Giuseppe Auteri
È inizia così il monitoraggio con telecamere e pedinamenti. I militari hanno un’altra intuizione: controllare i consumi Enel di tutte le abitazioni per scovare aumenti possibilmente dovuti a recenti trasferimenti di abitazione. La modesta casa al secondo piano della palazzina di via Giuseppe Recupero, sebbene abbia perennemente le serrande abbassate, fa registrare consumi di energia elettrica compatibili con la presenza costante di almeno una persona.
Si accendono le telecamere. Nulla, Auteri è guardingo. Non mette mai il naso fiori di casa ma la sua rete è sempre attiva. Come i criptofonini. Non ne utilizza uno solamente Presti, ma anche Giuseppe Campisi, Filippo Maniscalco, Vincenzo Selvaggio. Vincenzo Madonia e Angelo Costa, tutti fermati nel blitz.
La chat
C’è di più, perché Auteri salta fuori pure nella chat fra i boss per decidere gli affari. Era caduta la linea, il reggente di San Lorenzo Nunzio Serio e il suo braccio destro Francesco Stagno, mentre cercavano di fare ricollegare i partecipanti, ne hanno svelato le identità. Auteri era “fratello Giuseppe” che aveva un numero nuovo. Nunzio Serio raccontava che “Giuseppe” aveva affidato a Giovanni Castello la responsabilità del quartiere Ballarò, e che “Giuseppe” da quel momento avrebbe iniziato ad usare il telefono criptato solo un paio di volte alla settimana: “Ora, siccome si spaventa… tutti… l’orario… tipo cose… invece di usarlo ogni giorno dice non si può sapere… dice due volte alla se…”.
Lo stesso Auteri, dopo il suo arresto, durante un colloquio con i parenti in carcere si mostrava preoccupato: “… se studiano nei telefoni. Minchia li ho tirati dal secondo piano. Non si sono distrutti… appena li ho afferrati da dentro il bagno (si riferisce ai due iPhone trovato nel covo ndr), li ho presi e li ho tirati dal terzo piano…”.
Tra i contatti c’è quello con Cristian Cinà, tornato ora in carcere e già condannato in passato per estorsione. All’interno del covo del reggente del mandamento i carabinieri hanno trovato dei fogli con degli appunti. C’è anche la contabilità del pizzo con i nomi di chi paga e di chi incassa. In due elenchi, in alto e al centro del foglio, le sigle “Cri” e Ste”. Il primo sarebbe Cristian Cinà e il secondo Stefano Comandè, altro nome noto alle cronache giudiziarie e ora tornato in carcere.
Il 17 aprile 2023, proprio tramite Cinà, Roberta Presti ottiene un contatto a distanza con Auteri. Si comprendono i suoi motivi di interesse. Vuole manifestare al capomafia latitante alcune criticità sul proprio “mantenimento” mafioso. La donna pretende un intervento di Auteri per ovviare al mancato o irregolare pagamento da parte di Filippo Maniscalco. Qualche giorno dopo a casa Presti consegnano un pacco. Dentro c’è un giubbotto e dentro le tasche una sorpresa. Ci sono “piccioli”.