11 Novembre 2022, 06:48
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PALERMO – Per accertare l’errore fu necessario riesumare il cadavere ed eseguire l’autopsia. E così venne fuori che il paziente sarebbe stato intubato in maniera sbagliata: non attraverso la trachea, ma attraverso l’esofago. In questa maniera soffiarono aria dentro lo stomaco e non nei polmoni.
Il giudice per l’udienza preliminare Nicola Aiello martedì scorso ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal procuratore aggiunto Annamaria Picozzi e dal sostituto Alfredo Gagliardi. Sotto processo per omicidio colposo è finito Vincenzo Provenzano, all’epoca dei fatti, nel 2019, medico di guardia all’ospedale Ingrassia il giorno del decesso di Antonio Scurria.
L’errore sarebbe stato duplice. Il medico, infatti, non avrebbe somministrato l’adrenalina per rianimare il paziente in shock anafilattico.
Il 3 ottobre del 2019 Scurria, all’età di 76 anni, si reca all’ospedale Ingrassia per un un intervento di colecistectomia. Viene ricoverato e gli iniettano il Rocefion per endovena. Comincia a stare male. La figlia, che si trova nella stanza con il padre, inizia a notare un anomalo arrossamento del corpo.
Una presumibile reazione allergica al farmaco provoca prima uno shock anafilattico e poi l’arresto cardiaco. Al cambio di turno un collega dell’imputato, così raccontano i familiari, si accorge dell’errore: il tubo è stato inserito nell’esofago. Estuba il paziente e colloca il tubo correttamente attraverso la trachea. Il paziente ha una crisi, le manovre rianimatorie non sortiscono effetto e muore.
I pazienti presentano una denuncia attraverso gli avvocati Valentina Castellucci, Mauro Torti, Corrado Nicolaci e Luigia Scarbaci. A distanza di giorni dal decesso e dopo che la salma è già stata tumulata la Procura ordina la Riesumazione. L’autopsia fa emergere l’errore.
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11 Novembre 2022, 06:48