25 Novembre 2021, 06:13
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PALERMO – Ha patteggiato un anno e cinque mesi di carcere. Aveva chiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza pur sapendo di non averne diritto essendo stato condannato per reati aggravati dal metodo mafioso. Storia strana quello di Antonino Li Causi, ora condannato. Nel 2011 disse di volere collaborare con la giustizia, poi fece marcia indietro.
Prima spiegò di essere un insospettabile pedina per il lavoro sporco del clan Brancaccio. Era pronto a fare altri nomi. Un paio di mesi dopo ci ripensò, sostenendo di essere stato assalito da una crisi mistica. Ora ricompare sulla scena giudiziaria per un reato che nulla a che fare con Cosa Nostra.
Li Causi sarebbe stato uno dei tanti “furbetti” del reddito di cittadinanza. Gli sono state concesse le attenuanti generiche per le sue condizioni di salute. Ha spiegato di essersi rivolto a un Caf per ottenere il sussidio dallo Stato. Non sapeva che fossero esclusi coloro che avevano commesso un certo tipo di reati. Al termine di un processo celebrato nel 2013 Li Causi fu assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e condannato per detenzione di una pistola e lesioni con l’aggravante mafiosa.
La difesa ha spiegato che l’iniziale decreto legge non prevedeva il divieto di chiedere il sussidio per coloro che erano gravati da questi precedenti, ma fu introdotto successivamente in sede di conversione in legge. Insomma, Li Causi ha spiegato di essersi sbagliato, ma in buona fede. Anche se così fosse la legge non ammette ignoranza. Dura lex, sed lex.
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25 Novembre 2021, 06:13