Cronaca

Giuseppe, il jogging e la morte: da questo dolore una lezione di vita

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17 Settembre 2024, 13:30

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PALERMO – Quanti giovani, quanto dolore e quanti sorrisi. Accade sempre così ai funerali di chi muore troppo presto. Giuseppe Taravella aveva 23 anni, stroncato da un malore mentre faceva jogging in centro storico. Era uno studente di Medicina.

La chiesa di San Michele, a Palermo, accoglie la salma. “Non si riesce a stare in piedi da soli”, spiega il sacerdote, Eraldo Cacchione, che dal 2014 al 2019 è stato coordinatore delle attività educative e didattiche dell’Istituto Gonzaga di Palermo frequentato da Giuseppe. Lo dice rivolgendosi ai genitori e alla sorella.

Dovremmo tutti imparare qualcosa dalle persone che non abbiamo conosciuto se sono state capaci di lasciare il segno nelle vite degli altri. Giuseppe è stato uno di questi.

È chiaro fin dall’incipit dell’omelia di don Eraldo: “Giuseppe è stato caratterizzato da una forte consapevolezza, segno di una grande intelligenza. Troppo intelligente, molto sensibile. Le due cose insieme lo hanno reso molto consapevole. Il Signore ci dà degli anni di tempo per comprendere il senso della vita, le persone molto intelligenti e molto consapevoli camminano molto più veloci, sono molto più vicine al mistero della vita e della morte. Giuseppe è fra coloro che più di altri hanno incontrato il mistero della vita”.

La fede e la speranza devono fare breccia nel cuore, altrimenti non c’è consolazione. “In tutti noi c’è il desiderio di ritorno a Dio, nostra origine e nostra fine, chi e più consapevole e più profondo a volte non regge più – dice padre Eraldo -. In verità è una risposta a una chiamata, questo è il senso profondo della vita. Gli antichi lo sapevano, scrivevano il giorno della nascita della persona nei loculi, era il giorno della morte terrena. Da un lato serve l’accettazione della perdita fisica, dall’altro occorre sapere che anche noi abbiamo il desiderio di tornare a Dio che ci può svelare solo un pezzo della vita”.

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Giuseppe Taravella, soprattutto ai più giovani, lascia un insegnamento: “Essere visionari, nella vita terrena, lui lo era, e nel frattempo impegnarsi per ricercare il senso ultimo della vita”. E lascia “la centralità dell’amore per i propri genitori, la sorella, la sua famiglia”. Lo aveva scritto nei suoi pensieri autobiografici e lo aveva ribadito durante il Kairòs, il ritiro spirituale ispirato agli esercizi di Sant’Ignazio.

Giuseppe era uno che si interrogava sul senso e sui valori della vita. Impegnato, studioso, attento, gentile, disponibile, generoso. Chi lo ha conosciuto non smette di usare aggettivi per descrivere le sue qualità.

Agli amici tocca ricordare il lato giocoso e divertente del suo carattere. Aneddoti di gioventù che strappano sorrisi. Si ride e si piange al funerale di chi è morto troppo presto. “Non si riesce a stare in piedi da soli”, ha ragione padre Eraldo. Ci si può provare con gli insegnamenti di un ragazzo di soli 23 anni.

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17 Settembre 2024, 13:30

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