04 Luglio 2023, 18:54
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Una signora settantenne rimprovera due ragazzini di 12 anni intenti a danneggiare un palo della segnaletica stradale. Il fatto non avviene in una desolata periferia metropolitana ma in una delle vie principali di Palermo. I due piccoli balordi per tutta risposta aggrediscono l’anziana donna e la fanno cadere, risultato? La rottura di un femore. Al di là dell’episodio di cronaca, episodio di violenza che si somma ormai ai tanti altri similari con protagonisti minorenni, è su quanto accaduto in seguito che desidero soffermarmi.
La sfortunata signora viene prima trasportata in ambulanza al Civico, nisba, lì latitano le barelle. Allora di corsa a Villa Sofia (si sa che in questi casi occorre operare in tempi ristretti), nisba, fanno gli esami secondo protocollo, sì, però non ci sono posti in ortopedia. Risultato? Dopo una notte di disagiata attesa in un corridoio del pronto soccorso l’unica alternativa è il ricovero in una clinica privata dove verrà eseguito l’intervento chirurgico. Inutile, ammettiamolo – non voglio peccare di pessimismo o, peggio, di qualunquismo – non cambia niente nell’infelice terra di Sicilia. Chiunque potrebbe trovarsi nelle medesime circostanze della signora ed è terribile sapere già in anticipo le possibili difficoltà da attraversare, con sacrifici per i pazienti e i loro familiari.
Qui non c’entra la professionalità di medici e infermieri, la maggior parte del personale sanitario è all’altezza e umano. Il problema è l’assoluta assenza di una politica sanitaria elaborata dai partiti e, soprattutto, dalle istituzioni regionali. In atto vediamo continui scontri nella maggioranza di governo mentre il presidente Renato Schifani sembra occuparsi troppo di manovre e manovrine, compresi i rimpasti annunciati, anzi, minacciati e regolarmente rinviati. Il governatore cerca di tenere insieme Lega e Fratelli d’Italia e la stessa Forza Italia divisa al suo interno dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi e l’emarginazione politica, voluta dallo stesso Schifani, di Gianfranco Miccichè. Intanto, la Sanità pubblica siciliana precipita: insufficienza di posti letto, carenza di medici, di personale, estenuanti liste d’attesa.
Per tali motivi, oltre alle lunghe distanze nelle zone montane e ai costi economici delle prestazioni private, troppi siciliani rinunciano a curarsi. C’è pure una sorta di tendenza a privatizzare servizi e prestazioni con le esternalizzazioni. Il Codacons nei giorni scorsi ha denunciato, con un esposto alla Corte dei conti, la scarsa utilizzazione, solo il 27,5%, dei 40 milioni stanziati dallo Stato “per recuperare le prestazioni sanitarie saltate durante la pandemia”. Ciò che non si comprende, se non si vuol pensar male, è perché in numerose altre regioni riescono a raggiungere ottimi livelli di sanità pubblica mentre la Sicilia rimane in fondo alla classifica. L’ultimo rapporto del Centro per la ricerca economica applicata in sanità (Crea-sanità) è impietoso.
La Sicilia è tra le 6 regioni bocciate; perché? Perché non si riesce a invertire la direzione? Qualunque governo regionale, di qualsiasi colore politico ha fallito. Qualcuno ritiene abbia fallito intenzionalmente, più le cose funzionano, infatti, meno spazio rimane per le pratiche clientelari e i giochi di potere finalizzati all’accaparramento delle postazioni dirigenziali nelle strutture sanitarie. Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), la cui mancata immediata ratifica decisa dal governo italiano è una delle pagine nere dell’era Meloni, ci avrebbe aiutato parecchio per ricostruire la sanità pubblica in Sicilia. Condizionalità minime, interessi quasi irrilevanti, di contro circa 37 miliardi di euro che garantirebbero all’Italia una significativa ripresa dopo le drammatiche criticità emerse nella sanità in regime di emergenza pandemica.
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04 Luglio 2023, 18:54