29 Luglio 2023, 09:53
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PALERMO – Le fiamme hanno divorato tutto. Tutto tranne il cipresso di San Benedetto il Moro. Della chiesa del convento di Santa Maria di Gesù, all’interno del cimitero, restano le pareti annerite. Bruciato il soffitto e la statua lignea della Madonna col Bambino, donata nel 1470 da un capitano di vascello che aveva rifornito di grano una Palermo assediata dalla carestia. Il fuoco ha aggredito le teche che conservavano le spoglie mortali di San Benedetto e del beato Matteo da Agrigento. I Frati minori di Sicilia hanno raccolto l’appello di chi voleva dare una mano, lanciando una raccolta fondi.
Quasi certamente c’è la mano di un piromane. Il cipresso, però, è stato risparmiato dal rogo che ha devastato monte Grifone. Non è soltanto un albero, ma qualcosa che trascende la temporalità dell’esistenza umana. Per chi ha fede è un albero prodigioso, frutto di un miracolo. Il bastone di San Benedetto il Moro, il primo santo nero canonizzato dalla chiesa, patrono e protettore di Palermo insieme a Santa Rosalia, mise radici e divenne albero.
La sua datazione risale a quattrocento anni fa, data in cui è avvenuta la morte del Santo, nel 1589. Alcuni anni fa in un libro del giornalista Mario Pintagro (“Arborea, la storia di Palermo in 100 alberi illustri”) il cipresso veniva indicato come l’albero più antico della città. Una tesi supportata da studi botanici. Nella Palermo del 2023, martoriata dagli incendi, che piange le vittime dei roghi e fa la conta dei danni (c’è chi ha perso casa e azienda) l’albero può diventare un simbolo di rinascita. O di resistenza, all’incuria e alla mano criminale.
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29 Luglio 2023, 09:53