Palermo, l'arresto dei candidati: inchiesta sui "collettori di voti"

Palermo, l’arresto dei candidati: inchiesta sui “collettori di voti”

Fari accessi sulle elezioni. I due casi finora emersi non sarebbero gli unici

PALERMO – “Collettori di voti”, li definisce qualcuno bene informato. I casi di Francesco Lombardo e Pietro Polizzi sono emersi con prepotenza a poche ore dal voto. Non sarebbero gli unici, però.

L’indagine della Procura di Palermo si muove su due livelli. Il primo riguarda lo scambio elettorale politico-mafioso, il secondo la corruzione elettorale che non registra il coinvolgimento di personaggi di Cosa Nostra.

Assieme ai due candidati al Consiglio comunale nelle liste di Forza Italia e Fratelli d’Italia sono finiti in carcere i loro presunti referenti mafiosi, i boss Agostino Sansone dell’Uditore e Vincenzo Vella di Brancaccio. Gente con storici precedenti penali. Nonostante fossero stati arrestati, Polizzi ha ottenuto 62 preferenze e Lombardo 174. Non sapremo mai se sarebbero stati eletti.

“Ovunque, ovunque… mi stanno aiutando in tutte le zone di Palermo, lo sai, ovunque allo Zen”, diceva Lombardo mentre parlava con Vella e con il genero davanti alla bancarella di frutta e verdura in corso dei Mille. Ed è su questo fronte che i poliziotti della Mobile avrebbero trovato dei riscontri. Allo Zen e non solo. Lombardo nel corso dell’interrogatorio si è difeso sostenendo di avere incontrato non Vella ma il genero per conto del quale, lui che fa il geometra, stava seguendo la pratica per regolarizzare la rivendita di frutta e verdura.

Di qualcuno abituato a comprare i voti parlavano Polizzi e Sansone. Un personaggio che se ne andava in giro a chiedere “quanto vuoi”. Pronto a pagare i voti, dunque, ma con l’handicap che “non conosce a nessuno”. Sansone ci teneva a precisare che il candidato non si muoveva a suo nome.

Sono in corso le parallele indagini su un personaggio “fortissimo a Palermo” e su un altro che “ha litigato con Orlando”. E poi c’è il capitolo sulla corruzione elettorale. Ci sarebbe chi ha siglato un patto sporco per ottenere voti, ma non è legato a Cosa Nostra.

Rischia di meno, perché quando c’è di mezzo la mafia le eventuali pene sono più pesanti. In questi casi l’accordo sarebbe stato più subdolo e difficile da fare emergere. Non ci sarebbe l’evidenza degli incontri e delle conversazioni intercettate di Polizzi e Sansone, ma la promessa di garantire determinati interessi in caso di elezione. Sono i “collettori di di voti” su cui si concentrano le indagini.


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