Confraternite, la scure di Lorefice | Fuori mafiosi, massoni, condannati

di

21 Febbraio 2019, 14:28

4 min di lettura

PALERMO – Fuori i mafiosi dalle confraternite, a cui da oggi in poi si potrà aderire solo presentando il proprio certificato dei carichi pendenti, decadenza anche per chi viene semplicemente arrestato e indice puntato anche contro le associazioni di stampo massone. Il vescovo di Palermo, don Corrado Lorefice, usa il pugno di ferro e con un decreto firmato lo scorso 25 gennaio, ma reso noto soltanto oggi, prova a mettere ordine in un settore, quello delle confraternite laicali, finito spesso al centro delle polemiche per la presenza di persone dal passato poco trasparente o addirittura condannate per crimini gravi.

Il presule ha imposto infatti regole stringenti: non solo chi sarà chiamato a guidare le confraternite, ma anche chi vorrà soltanto farne parte dovrà produrre necessariamente “il certificato generale e il certificato dei carichi pendenti del casellario giudiziale rilasciati in data non anteriore a tre mesi”. Una documentazione che il decreto giudica “essenziale ad attestare l’indubbio percorso di testimonianza dei valori evangelici nella vita civile”. Fino ad oggi, infatti, per iscriversi a una confraternita bastavano i certificati di battesimo, di cresima, di matrimonio e lo stato di famiglia.

Ma produrre la documentazione giudiziaria potrebbe addirittura non bastare, visto che, come dice il decreto, una “fedina penale pulita non necessariamente è indice di vita pulita”: per questo parroci e assistenti spirituali dovranno firmare una lettera “che dia sufficienti garanzie circa la retta intenzione del richiedente e la serietà della sua vita, quale condizione essenziale e imprescindibile per l’ammissione nella confraternita”. Inoltre, terminato il noviziato, i parroci dovranno anche rilasciare un attestato di idoneità.

Tutto qui? No, perché Lorefice si spinge addirittura oltre modificando d’imperio lo statuto diocesano e gli statuti delle singole confraternite: non potranno essere iscritti coloro “che si sono resi colpevoli di reati disonorevoli o che con il loro comportamento provocano scandalo”, chi appartiene ad associazioni di stampo mafioso o di tipo segreto e contrarie ai valori del Vangelo (e viene citata esplicitamente la massoneria) ma anche chi ha avuto “sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato”. Inoltre decadranno automaticamente anche coloro che sono già iscritti e commettono reati mafiosi o anche chi viene semplicemente colpito da “provvedimenti cautelari restrittivi della libertà personale” almeno fino “all’accertamento giudiziario della loro condizione”.

Articoli Correlati

Non è certo la prima volta che la Chiesa punta il dito contro le proprie confraternite, visti anche i numerosi episodi accaduti in varie parti del Paese che hanno visto le processioni fare “inchini” e soste sospette in corrispondenza dell’abitazione di qualche boss. Ma è la prima volta che, a Palermo, un vescovo decide misure così drastiche, tentando così di arginare il pericolo di infiltrazioni in realtà storiche ma che gestiscono processioni e feste rionali e che a Palermo sono svariate decine con centinaia di iscritti.

Il provvedimento, spiega il sito della diocesi, non intende criminalizzare le confraternite ma anzi ripulirle, tutelando così chi ne fa parte ma conduce una vita onesta. “La nostra Arcidiocesi – si legge nel testo pubblicato – sente il dovere di intervenire per evitare di criminalizzare indiscriminatamente tutti i membri delle confraternite e si affida ad alcuni strumenti di accertamento della legalità per esercitare il suo dovere di vigilanza e per tutelare dalle associazioni mafiose e criminali o dalle associazioni segrete, le realtà confraternali, cui è affidato il delicato compito di trasmettere non solo le autentiche tradizioni della nostra pietà popolare ma, ancor più, una testimonianza di vita coerente con il Vangelo di Cristo accolto e annunciato nella vivente tradizione della Chiesa”.

Una realtà difficile da gestire, come ammette lo stesso vescovo nelle premesse del decreto: “Accanto ad esperienze positive e incoraggianti si collochino talora anche nella nostra amata Chiesa palermitana imbarazzanti e inaccettabili tentativi di fare delle Confraternite centri di una pratica fintamente religiosa per puro esibizionismo e folklorismo, di esercizio di potere e, perfino, un alibi per persone di dubbia moralità sociale ed ecclesiale”. “È infatti intrinsecamente inconciliabile l’agire malavitoso, tanto più una militanza attiva tra i ranghi di società di stampo mafioso, e l’appartenenza ad una delle tante nostre Confraternite che perseguono i fini apostolici propri della Chiesa”, continua Lorefice che cita il famoso discorso contro la mafia fatto da Papa Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi nel 1993. Ma il vescovo prendere in prestito anche le parole di Papa Francesco nella sua visita a Palermo dello scorso settembre, e in particolare l’omelia tenuta al Foro Italico nella quale il pontefice ha precisato che “non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione”.

LEGGI IL TESTO DEL DECRETO

Pubblicato il

21 Febbraio 2019, 14:28

Condividi sui social