Palermo, summit in diretta: "Morirei per la mia dignità" - Live Sicilia

Palermo, summit in diretta: “Morirei per la mia dignità”

Microspie accese in una casa di campagna

PALERMO – Pietro e Gioacchino Badagliacca erano arrivati ai ferri corti. Li dividevano ragioni economiche. Per affrontare la questione fu convocata una riunione a Butera il 5 settembre 2022. All’interno della casa in contrada Judeca, nelle campagne nissene, i carabinieri piazzarono una microspia che ha registrato il summit.

La conversazione è contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Lirio Conti che ha portato in carcere sette persone. I carabinieri del Nucleo investigativo, agli ordini del tenente colonnello Salvatore Di Gesare, hanno acceso una microspia risultata decisiva.

Lite davanti ad “arbitri qualificati”

Zio e nipote si affrontarono a muso duro, davanti a due “arbitri qualificati” e cioè i fratelli Michele e Pasquale Saitta, considerati “uomini d’onore riservati”. Nel corso del vertice ci fu un richiamo allo “statuto scritto dei padri costituenti” di Cosa Nostra. Probabilmente il riferimento è agli appunti di Salvatore Lo Piccolo. Quando il boss di San Lorenzo fu arrestato nel 2007 aveva addosso gli appunti con le vecchie regole dell’organizzazione mafiosa.

Alla fine fecero la pace e lo zio promise al nipote che gli avrebbe fatto il favore di ammazzare un architetto, colpevole di non avere curato gli interessi della mafia e di avere offeso un boss detenuto.

La lite era legata a questioni economiche: “Sono andato dal notaio ma i conti non li dobbiamo fare?… li facciamo tutti insieme”. L’ultima contesa riguardava un parcheggio in corso Calatafimi. Fino al 2022 è stato di proprietà di Angelo Badagliacca, fratello di Gioacchino, che poi l’ha ceduto alla moglie di Pietro.

Pietro Badagliacca veniva criticato. Aveva fatto saltare la catena di solidarietà in favore dei detenuti: “Ma perché ci è andato mai da suo fratello per Natale e per Pasqua… quando tu sei stato in difficoltà che ti hanno sequestrato tutte cose…”, diceva parlando con Antonino Anello, pure lui coinvolto nel blitz”.

Anello si rammaricava dell’assenza di un grande vecchio: “Se ci fosse fuori Settimo Mineo scendeva dal piedistallo… tuo zio sloggiava…”.

Manifesto mafioso

Le parole di Gioacchino Badagliacca rivolte a Michele Saitta sono un manifesto mafioso su cui indaga la Direzione distrettuale antimafia di Palermo: “… ognuno di noi altri abbiamo una dignità per me la figura di un uomo d’onore è una persona integra… non ho mai creduto io… nella Cosa Nostra ai fini di scopo di lucro… non c’ho mai creduto… per nobili principi per me questo è quello che è Cosa Nostra perché un uomo ha due cose nella vita l’onore e la dignità… l’onore lo può perdere ma la dignità non la leva nessuno… sono pronto a morire per la mia dignità”.

Le accuse a Riina

Gioacchino Badagliacca mostrava il suo risentimento verso la strategia stragista di Riina, nei confronti del quale usa parole durissime: “Niente cose infami, ma perché pure tutte queste bombe tutti questi giudici, tutti questi … ma che cosa sono?…. pensavano solo a riempire il portafoglio… le bombe là fuori, far morire gente innocente, tutti questi giudici… ma queste cose brutte non sono cose di uno che ha onore”.

La strategia delle bombe ha rovinato Cosa Nostra: “Tutte cose sono finite… c’erano buoni rapporti con gli organi dello Stato. Non si toccavano, non si toccavano”. “Anzi li allisciavano”, confermava il suo interlocutore, l’anziano Anello.

Brusca merita “una scopettata”

Badagliacca riservava un attacco anche a Giovanni Brusca, boss di San Giuseppe Jato e collaboratore di giustizia. Si meritava, a suo dire, una “scopettata (un colpo di fucile, ndr) nelle corna gli dovrebbero dare”.

Alla fine zio e nipote trovarono un’intesa. Il legame di sangue prevalse: “… allora ascolta zio abbracciami sono qua…”. “Sangue mio… sangue mio”, rispose lo zio.


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