Palermo, il candidato alle elezioni "protetto" in carcere dal boss

Palermo, il candidato alle elezioni “protetto” in carcere dal boss

Nuove intercettazioni in carcere

PALERMO – Pietro Polizzi in carcere si sentiva protetto. Secondo l’accusa, sapeva di potere contare su Giancarlo Seidita, boss della Noce. Così emergerebbe dai colloqui intercettati tra Polizzi e i parenti dopo che il politico era finito al Pagliarelli.

Si sentiva “trattato bene”, nulla gli mancava. Mentre lo diceva avrebbe fatto dei segnali che porterebbero gli investigatori a identificare Seidita, in quel momento detenuto nello stesso carcere. Poi è stato trasferito. Da allora non si hanno più notizie.

Polizzi, dipendente di Riscossione Sicilia, è stato arrestato pochi giorni prima di conoscere l’esito della sua corsa al Consiglio comunale di Palermo nella lista di Forza Italia.

Tra Sansone e Polizzi i poliziotti della squadra mobile hanno ricostruito 41 contatti telefonici, monitorati nell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Giovanni Antoci e Dario Scaletta (ora al Csm). Entrambi sono finiti sotto processo. C’era un rapporto stabile fra il boss e Polizzi, di cui l’appoggio elettorale sarebbe stata una delle ultime dimostrazioni.

Il 6 ottobre dell’anno scorso Agostino Sansone ha ricevuto una telefonata dalla nipote. Diceva allo zio di aprirle il portone dell’abitazione. “Quello pedonale vicino ai carabinieri”. Bisogna organizzare un incontro.

Sansone abitava in via Bernini. In una delle ville confiscate alla sua famiglia è sorta una caserma dei carabinieri. Si tratta dello stesso residence dove Totò Riina trascorse l’ultima parte della latitanza.

Poche ore dopo, nel pomeriggio, la ragazza contattava nuovamente Sansone: “Giancarlo si è liberato”. L’appuntamento era con Giancarlo Carmelo Seidita, boss della Noce, tornato in carcere nei mesi scorsi. Si videro in un bar: “Agostino… che grande piacere?”; “È sempre mio, come siamo?; “Combattiamo sempre”.

“L’ho mandato a chiamare, però volevo parlare pure con vossia per sapere se dice è una persona che mi interessa a me lo possiamo chiamare per dirgli se…”. Seidita si rivolgeva a Sansone dandogli del “vossia”. Un gesto di riverenza da parte del boss della Noce. Un boss potente, stretto alleato dei Lo Piccolo, tornato a comandare dopo avere finito di scontare una condanna.

Seidita proseguiva: “… siccome mi arrivano voci che una persona vicina a lei, per essere una persona vicino a lei sarà una persona sistemata e mi viene ancora più dura da affrontarlo perché dice ma che fai ‘non lo sapevi perché non parlavi’ giusto eh… uno deve essere una persona trasparente e pulita”.

Di cosa avessero parlato durante l’incontro emerge dalla conversazione di Agostino Sansone con i nipoti Pietro e Domenico. Al centro della vicenda c’era la vendita di un lotto di terreno edificabile nella zona di viale Michelangelo, acquistato da soggetti provenienti dalla zona di Bagheria.

Seidita “non è una persona affidabile… c’è da starci a duemila chilometri di distanza”. Il motivo è chiaro: “… questo ha gli sbirri di sopra dalla mattina alla sera…”.

Secondo la Procura, l’invito a Seidita per proteggere Polizzi in carcere sarebbe partito da Sansone. Ci sono altre intercettazioni. Polizzi parlando con una parente chiedeva che la fattura per la stampa dei fac simile elettorali venisse emessa in una data successiva all’incontro avvenuto con Sansone in un Caf del quartiere Uditore.

Un modo, secondo l’accusa, per slegare il suo impegno politico dalla figura di Sansone. Gli investigatori, però, pedinavano Polizzi e hanno fotografato i volantini, già stampati e distribuiti al Caf nel giorno dell’appuntamento con il mafioso.


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