PALERMO – Si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere gli indagati finora convocati per l’interrogatorio di garanzia dal giudice per le indagini preliminari. A cominciare da Tommaso Lo Presti, boss di Porta Nuova, considerata la figura di maggiore spessore criminale tra i 181 arrestati nel blitz dei carabinieri.
Il gip del Tribunale di Palermo Fabio Pilato non ha convalidato il provvedimento di fermo per 34 degli arrestati nel maxi blitz . Il giudice ha però emesso la custodia cautelare per tutti in carcere, fatta eccezione per un 76enne che va ai domiciliari per l’età avanzata.
Secondo il giudice Pilato, che non ha accolto la richiesta di convalida della Procura di Palermo, non ci sarebbe “il pericolo di fuga” per i 34 del provvedimento, come invece ritenuto dalla Dda palermitana. Martedì sono finiti in carcere in 181 in tutto.
Lo Presti, però, ha chiesto di fare delle dichiarazioni spontanee e si è proclamato innocente. Ha spiegato che “negli ultimi tredici mesi sono stato sempre a casa”. Ha condotto una vita riservata, tutta casa e chiesa. Il riferimento è alle nozze d’argento celebrate nella basilica di San Domenico.
“Sono gli altri a parlare di me, senza che ho fatto nulla”, si è difeso il boss accusato di avere ripreso in mano il potere a Porta Nuova. Probabilmente ha letto le conversazioni, tra gli altri, di Nicola Milano e Francolino Spadaro.
Il primo, figlio del boss Nunzio, ha ormai da tempo finito di scontare una condanna per mafia che fu meno pesante di quanto avesse chiesto l’accusa. Era però caduta l’ipotesi che fosse diventato il capomafia.
Nel marzo 2024 Miano diceva che “Masinu sta facendo piazza pulita”. Gli attribuiva la responsabilità di “cornutiate contri i piccicoti che stanno in galera”. Aveva “chiuso i rubinetti del soldi”. Francesco Paolo Putano, altro arrestato del blitz, aggiungeva: “Ora non guarda più in faccia a nessuno”.
Il secondo, Francolino Spadaro, con alle spalle pensati condanne, contestualmente alla scarcerazione di Lo Presti si chiedeva quali sarebbero stati i rapporti con l’allora latitane Giuseope Auteri. Si sarebbero “ammazzati”?
Una cosa è certa. Una volta messo piede fiori dal carcere, Lo Presti manifestò alla moglie Teresa Marino la volontà di invitare tutti a non fare il suo nome: “… gli ho detto…non parlare… non dire il mio nome… perché specialmente…- questi undici giorni.. .sangue mio… senza mai Dio esce il mio nome mi vanno a mettere alla casa lavoro…”.
Temeva un aggravamento della misura di sorveglianza che gli era applicata dopo la condanna. Un anno e tre mesi dopo questa conversazione è stato di nuovo arrestato con l’accusa, che respinge, di avere preso in mano il potere a Porta Nuova.