PALERMO – Ricorso rigettato, l’ergastolano Giorgio Pizzo resta al 41 bis. Il suo passato criminale non è una parentesi chiusa alla luce della “capacità rigenerativa” di Cosa Nostra.
I reati commessi
La Cassazione elenca la scia di reati commessi dal boss di Brancaccio: “Spietato killer (è stato condannato per la commissione di ben sette omicidi), sotto le direttive dei fratelli Graviano”: “Componente del gruppo di fuoco a servizio di Leoluca Bagarella; partecipe delle stragi di Capaci e via dei Georgofili a Firenze; favoreggiatore della latitanza di Giuseppe Graviano; “Custode della cassa che riforniva il gruppo mafioso della liquidità per sostenere le spese di trasferta ai fini della realizzazione delle iniziative stragiste decise dal sodalizio”.
Secondo Pizzo, si tratta di fatti del passato e tutti i boss della sua epoca sono ormai fuori dai giochi. Ha citato anche che le recenti indagini hanno fatto emergere che il centro del potere si è spostato da Brancaccio a Ciaculli.
Perché merita di stare al 41 bis
Il tribunale di Sorveglianza di Roma aveva respinto la sua richiesta e Pizzo ha fatto ricorso in Cassazione. Ed è arrivata una nuova bocciatura. Secondo i supremi giudici, è confermata la “stabilità nel tempo della sua capacità di mantenere i legami criminali”.
La Cassazione sottolinea pure “gli esiti del trattamento rieducativo, risultati privi di segnali di una presa di coscienza dell’enorme gravità dei fatti commessi e della possibilità di individuare nelle ricostruzioni del ricorrente strade diverse dal proprio contributo associativo”.
Pizzo può ancora essere pericoloso, solo il carcere duro serve ad impedire contati con la cosca mafiosa di Brancaccio. Seppure faccia riferimento “alla definitiva uscita di scena di molti soggetti con i quali Pizzo era stato processato”, nel ricorso viene omessa “la capacità rigenerativa che Cosa Nostra continua a dimostrare dopo tani anni, ponendo rimedio alle vicende relative alle lunghe detenzioni dei suoi associati”.