23 Settembre 2012, 02:28
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PALERMO- Palermo è sporca. È zozza dentro. A Palermo è fondamentale apparire e non essere, infatti ci sono strade extralusso di facciata e dietro l’angolo il palazzo cade a pezzi. Ma questo è niente.
Sì, si potrebbe sistemare. Si potrebbe fare, si potrebbe dire. Non fosse che siamo a Palermo, dove non si può sognare, non è consentito programmare e non è consigliato restare. A Palermo non sei nella terra promessa e nemmeno c’è la regola del ‘la terra promesa è dentro di te’. A Palermo sei in una dimensione parallela nella quale l’orgoglio ha smesso di esistere, dove vivi da succube e se alzi la voce non vieni ascoltato, figuriamoci apprezzato. In questo posto accadono cose tra le più strane, anzi stranissime.
Forse sono i sintomi di una malattia incurabile, forse è il risultato della cattiveria profonda con la quale Palermo è stata piegata ad una condizione di immensa miseria. A Palermo, nello stesso metro quadrato, un anziano che sei mesi fa poteva andare al ristorante cerca la sua cena dentro un cassonetto e una bambina di otto anni urla a sua madre perché non le ha ricordato di prendere il cellulare da settecento euro e ora non può giocare. A Palermo la gente viene da fuori con la scusa di investire e invece ruba e violenta, ma nessuno fa niente. Però a Palermo siamo malandrini, malandrini che non hanno nemmeno il coraggio di dire come la pensano. Strano, stranissimo.
A Palermo capita che le forze dell’ordine non vadano dove si spaccia, ma si posteggino a piazza Vittorio Veneto per bloccare ottantenni al volante di automobili modeste, quattordicenni con il casco e signore di mezza età, che fermino poi, finalmente, una vedova con quattro bambini e le sequestrino la patente per eccesso di velocità, rispondendo alla sua richiesta di clemenza con un ‘non siamo qui per aiutare’. C’è la crisi, signora, abbia un po’ di comprensione per questo povero lavoratore in divisa. La verità è che a Palermo si è così stanchi di non avere fiducia che siamo disposti a credere in qualsiasi cosa e in chiunque. Come se decenni di timpulate invece che rafforzarci ci avessero rammollito. Come se. Qui, ora, l’eroe cittadino è chi riesce ancora farsi bastare una mezza notizia di rinascita, la promesse di cave d’oro e lo stipendio.
Qui l’unica regola che sembra esistere è che più sei cretino meglio stai. Alla fine l’intelligenza, l’acume, lo spirito critico, non pagano mai. Ma si, diventiamo tutti pupi, sbattiamo le manine che viene papà. E crediamoci, ancora una volta, tutti insieme, al mio tre: La situazione è risolta, i soldi arriveranno, il sindaco lo sa fare, ti pagherò a fine mese, va tutto bene. Non va tutto bene. Corruzione, spazzatura, criminalità, povertà, decadenza, buio. Siamo a Gotham City. A Palermo vivi accompagnato dalla costante sensazione di sconfitta, sei scoraggiato, facci caso, è strano, stranissimo. Non riesci a sentirti stimolato nemmeno più nelle reazioni. Una volta si che si prendeva sul serio la vita. Una volta ti incazzavi. Una volta, per molto meno, avresti fatto molto di più.
Adesso non lo vedi ma lo sai, lo senti questo odore di cenere nell’aria, la città è stata messa a ferro e fuoco e tu sei ancora lì seduto a leggere. Ma cosa leggi? Leggi delle tue occasioni perse, del tempo che non torna, di quando avresti potuto, voluto, dovuto. Avevo paura di mettermi davanti ad una pagina bianca e di iniziare a pensare ai motivi per i quali odio Palermo. Avevo paura di dire tutto questo, perché finché lo pensi va beh, ma se lo dici diventa reale. E adesso? Adesso in teoria dovrei correre a casa, racimolare quattro vestiti e un cappotto, baciare mia nonna sulla fronte e partire per sempre. In pratica, nell’istante esatto in cui esco da questa stanza dimenticherò tutto. Strano, stranissimo.
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23 Settembre 2012, 02:28