01 Ottobre 2023, 06:40
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PALERMO – “Come stai? L’altro giorno ho domandato a tuo fratello e mi ha detto una situazione. Così è?”, chiedeva Sebastiano Filingeri a Sergio Giannusa. Secondo gli investigatori, la “situazione” era il ritorno in campo di Sergio Giannusa, già condannato per mafia, e del fratello Carlo, arrestati lo scorso luglio Sergio Giannusa sarebbe stato il braccio destro di Salvo Genova, considerato il capo mandamento di Resuttana.
Filingeri è uno dei volti noti della rete di relazioni dei boss. Sono tanti i nomi presenti nelle informative di carabinieri e poliziotti. Li arrestano, li condannano e una volta scarcerati tornano ad incontrarsi. Non si tratta solo di vecchie conoscenze del mandamento di Resuttana, ma anche di altre zone della città. Michele Siragusa, ad esempio, più volte definitivamente condannato per mafia, è del rione Borgo Vecchio. Il 6 novembre 2020 Sergio Giannusa gli fece sapere che un amico, il notaio Sergio Tripodo, non riusciva ad entrare in possesso di quattro immobili comprati in via Alaimo da Lentini, nella zona di via Montalbo. Gli inquilini facevano ostruzionismo, nonostante fosse stato emesso un provvedimento di sfratto.
Un altro pregiudicato per mafia, Vito Nicolosi, sentì l’esigenza di fare sapere a Giannusa che un suo cugino voleva aprire una rivendita di generi alimentari in zona San Lorenzo (“… disturbiamo qualcuno?”). Un giorno Giannusa si recò alla camera mortuaria dell’Ospedale Villa Sofia per verificare quale impresa fosse stata scelta per un servizio funebre: “Dice che c’è quello Castagna deve fare ‘u muortu’ vediamo com’è questa situazione”. In effetti incontrò l’impresario, e pregiudicato, Gaetano Castagna, il quale dovette giustificarsi con il mafioso per non avere chiesto il permesso di chiudere l’affare.
Settimo D’Arpa, pure lui indagato, rispondeva alla domanda di Antonino Vallone (“Di nuovo nel giro ti sei messo? con Genova?”) che “Genova è il tutto”. Anche Vallone, un tempo titolare di una televisione privata a Palermo, è una vecchia conoscenza: fu arrestato il 22 giugno del 2000 all’aeroporto di Punta Raisi, appena sbarcato da un volo proveniente da Milano. Poi, arrivò la condanna del tribunale di Padova per avere favorito la latitanza dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano durante la permanenza dei capimafia di Brancaccio nella città veneta.
Nelle informative c’è anche il nome del boss Renzo Lo Nigro, che ha finito di scontare una condanna per mafia, un tempo uomo di fiducia del capomandamento della Noce Fabio Chiovaro. “… è uscito dalla galera e mi ha detto – spiegava D’Arpa intercettato – la prima volta che lo sono andato a trovare mi ha detto, dice: chi minchia ti porta a te là? E io gli ho detto: di cosa stai parlando?”. Poi, abbassando il tono della voce, aggiungeva: “… quando è stato degli otto… quando hanno arrestato i quarantuno e poi ci sono stati gli otto, è c’è lui che lo hanno messo come capo mandamento”.
A Giannusa si rivolse Girolamo Federico, pluripregiudicato e trafficante di droga, temendo per la sua vita e per quella del figlio. Se ne andava in giro armato di un fucile a canne mozze dopo avere perso un carico di droga e accumulato un debito di oltre 120 mila euro con due finanziatori dei mandamenti mafiosi Villagrazia-Santa Maria di Gesù e Porta Nuova: “… questi soldi a questi non glieli ho potuti dare e vanno dal picciriddu… ti dico la verità, cammino con la scupietta in macchina. Alla rete di amicizie e relazioni dedica un articolo anche il mensile S.
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01 Ottobre 2023, 06:40