31 Ottobre 2023, 06:52
1 min di lettura
PALERMO – Un imputato, Giuseppe Incontrera, non può essere processato perché lo hanno ammazzato. L’altro, Giuseppe Di Giovanni, a piede libro nonostante sia considerato un capomafia, non sarà giudicato – il giudice ha respinto la richiesta – con il rito abbreviato condizionato alla convocazione della persona a cui avrebbe chiesto il pizzo.
Era la sera di Ferragosto del 2019. Incontrera e Di Giovanni (consuoceri) e altri commensali, tutti in compagnia delle rispettive mogli, erano seduti al tavolo di un ristorante che serve pesce e crostacei. Secondo l’accusa, fecero l’utile e il dilettevole. Incontrera raccontava che “ogni anno… tutte le apparizioni della Madonna e del Signore… quanto è 2.500, 3.000 euro, lui fa l’assegno e scende”. Uno dei commensali aggiungeva che la cifra era molto più alta: 5.000 euro. Altri 2.500, infatti, il ristoratore li donava per “quella (la festa ndr) di Monreale”. Lo faceva per devozione.
Perché non imporgli una ulteriore dazione di denaro a titolo di pizzo? A quel punto Di Giovanni avrebbe ordinato a Incontrera di attivarsi “ora”. Il boss del pizzo e della droga, assassinato alla Zisa, chiede il permesso di alzarsi, andò a parlare con il titolare del ristirante e tornò con la risposta: “Lui mi ha detto a fine mese”. Secondo la difesa, in realtà stavano parlando del pagamento di una fornitura di pesce. Ed è per questo che Di Giovanni (scarcerato per scadenza dei termini di custodia cautelare) aveva chiesto l’abbreviato condizionato alla testimonianza del ristoratore. Richiesta rigettata. La difesa avrà modo di convocarlo nel corso del processo, citandolo come testimone.
Pubblicato il
31 Ottobre 2023, 06:52