Palermo, la rapina del finto marinaio: l'accusa non regge, assolto

Palermo, la rapina del finto marinaio: l’accusa non regge

Vittima una donna, mancavano pezzi nella sua ricostruzione

PALERMO – La pena in primo grado era stata pesante: 5 anni. In appello la sentenza è stata ribaltata ed è arrivata l’assoluzione per Gianluca Prollo. Era imputato per rapina. Una donna non aveva abboccato alla “truffa del marinaio” e sarebbe stata minacciata con un coltello per strapparle 350 euro.

La vittima aveva raccontato di essere stata avvicinata da un uomo, un finto marinaio, che le aveva proposto un affare: pochi soldi in cambio di gioielli di valore da cui doveva separarsi perché aveva bisogno di soldi.

Come da programma era saltato fuori l’esperto e complice che attestava l’autenticità degli oggetti preziosi. La signora non c’era cascata e si ritrovò con la lama puntata alla gola.

Si era detta certa di ricordare il volto di Prollo, riconosciuto sia in foto che in un confronto all’americana. Il legale della difesa, l’avvocato Salvatore Ferrante, ha però fatto emergere alcune incongruenze. Lo aveva riconosciuto, è vero, ma la descrizione che ne aveva offerto non combaciava con la realtà.

E poi non era stato trovato alcun riscontro sulla ricostruzione della fuga. Nelle immagini riprese da alcune telecamere di videosorveglianza non si vedeva l’imputato scappare dopo la rapina. “Perché non vi ha preso parte”, ha spiegato l’avvocato Ferrante.

E poi la vittima non aveva saputo indicare con precisione il ruolo di Prollo, rintracciato per via di altri precedenti penali, e degli altri complici mai identificati.


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