La rapina e gli spari 16 anni dopo | “Il tempo passa, la paura no”

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02 Dicembre 2018, 05:24

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PALERMO – “Da quando ho di nuovo il porto d’armi mi sento un po’ più al sicuro, anche se i rischi in una attività commerciale restano. Non dimenticherò mai quei momenti terribili in cui ci sparavano contro”. A parlare è Maurizio Sicilia, figlio di Anita La Torre, la gioielleria di famiglia finì nel mirino dei malviventi nel 2002.

Il colpo nel negozio di corso Calatafimi fu violentissimo, al punto che i rapinatori spararono alla donna, al figlio e al nipote, che all’epoca aveva soltanto sette anni. In tempi di decreto sicurezza il dibattito dell’opinione pubblica in questi giorni affronta spesso l’argomento della legittima difesa. Tema molto controverso e che ha diviso in due il Paese tra chi ritiene fondamentale il diritto all’autodifesa armata e chi teme gli eccessi e le conseguenze dovuto all’uso improprio delle armi. E in giorni in cui ha fatto scalpore la cronaca proveniente da Arezzo (dove un commerciante ha ucciso un rapinatore) quegli spari nella gioielleria di corso Calatafimi 16 anni fa sono tornati alla mente di molti palermitani. 

“Due anni fa ho temuto che il porto d’armi non fosse rinnovato – spiega Sicilia – alla fine la richiesta è andata a buon fine. Ho ancora la licenza del porto d’armi per uso sportivo e difesa personale. Sia io che mia madre non possiamo dimenticare la sensazione di pericolo vissuta, quello che abbiamo passato rimarrà per sempre nella nostra mente”.

Avere un’arma al lavoro ci dà un pizzico di serenità in più – continua – anche se i rischi ci sono sempre e l’augurio è quello di non utilizzarla mai”. Le ferite provocate dal conflitto a fuoco all’interno della gioielleria, resero necessari necessari 37 punti di sutura alla testa: “Quell’incubo è finito, gli anni passano, ma la paura no”, dice Sicilia. Un terrore con cui convivono anche molti palermitani che detengono un’arma.

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Nel capoluogo, in base ai dati forniti dalla questura, i possessori della licenza per la detenzione di armi sono 19.500: un dato che però negli ultimi anni non sarebbe aumentato e tenderebbe ad un andamento costante. La licenza di porto d’armi o nulla osta sono necessari anche per chi riceve un’arma in eredità o da un privato. Una volta acquisita l’arma o le munizioni, queste devono essere immediatamente denunciate in questura, in commissariato, o in mancanza, alla stazione dei carabinieri.

“Bisogna chiarire che il porto d’armi e il nulla osta permettono l’acquisto – spiegano dalla questura – il trasporto e la detenzione dell’arma e delle munizioni mentre la denuncia è una comunicazione obbligatoria per informare l’Autorità di pubblica sicurezza dove le armi e munizioni verranno custodite. Per trasporto – sottolineano – si intende lo spostamento delle armi fuori dalla proprietà privata, senza averne la disponibilità all’uso: solo i titolari delle licenze di porto d’armi per difesa personale possono, invece, portare l’arma per utilizzarla”. D’altro canto, i titolari di porto di fucile uso caccia sono legittimati a farlo solo per questo genere di attività.

E a livello nazionale, nel frattempo, il governo accelera sulla legittima difesa. La riforma è già passata all’esame del Senato lo scorso 25 ottobre. La proposta di legge riconosce “sempre” la sussistenza della proporzionalità tra offesa e difesa. L’articolo 1 del ddl allarga anche le situazioni in cui viene esclusa la punibilità: affinché scatti la legittima difesa non sarà necessario che il ladro abbia un’arma in mano. Sarà sufficiente la sola minaccia di utilizzare un’arma.

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02 Dicembre 2018, 05:24

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