Cronaca

Palermo, viaggio tra l’immondizia. Rap: “Siamo stanchi”. E la città pure…

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07 Ottobre 2023, 06:50

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PALERMO- “Per me si va nella città fetente, per me si va nell’eterno fetore, per me si va tra la perduta gente che butta pure il condizionatore…”. Chissà, forse si potrebbe scolpire una simile parafrasi all’ingresso della Rap, in via Ingham, per condensare con una battuta la sfida quotidiana, una specie di incruenta guerra civile, tra i palermitani che seminano interi appartamenti dismessi, accanto al cassonetto di riferimento e i palermitani, pochi e male equipaggiati, che raccolgono anche ciò che non si può raccogliere.

Sono le cinque del mattino di un venerdì. Palermo dorme ancora, prima di precipitarsi per strada e sui clacson. La sede Rap di Brancaccio è illuminata a giorno, con una serie di mezzi imponenti, messi in fila. Ma è una potenza illusoria. Su tutti spasciati”, annuncia una voce. La forza del dialetto restituisce la dimensione di una flotta pericolante che perde pezzi. Siamo qui per un giro di perlustrazione in alcune delle ore in cui la battaglia si fa aspra.

I mezzi fuori uso

C’è il presidente Giuseppe Todaro, con i dirigenti, attorniato dagli operai. L’inchiesta per i presunti casi di assenteismo, con i suoi necessari percorsi, “è una tegola” – come ha riconosciuto lui stesso – per l’azienda, in un frangente complicato, con le vie ridotte a discarica. L’aperitivo ha un gusto acre: su sessantadue autocompattatori a disposizione, quarantasei sono guasti. Gli altri cercheranno di garantire il servizio, effettuando più viaggi e, di conseguenza, usurandosi ancora di più, dopo decenni di onorata pattuglia.

Alle cinque del mattino c’è, dunque, un’assemblea spontanea intorno al presidente. Gli operai hanno gli occhi fuori dalle orbite, qualcuno grida: “Non ne possiamo più, siamo senza risorse, con i mezzi tutti spasciati, c’è una puzzura incredibile, siamo stanchi”. Anche Palermo lo è. Palermo è stanca del disservizio e della immondizia da cui è sommersa. Un abbraccio e una foto concludono il dibattito: “U” presidente è cca, cu nuatri”. In duecento sono qui, in via Ingham, per cominciare il turno antimeridiano. Molti resteranno appiedati, perché non c’è cosa guidare. L’età media dei componenti degli equipaggi è di cinquantacinque anni. Sono cifre della Rap.

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“Ho sessantacinque anni…”

In un corpo basso, ecco una sorta di centrale operativa. Qualcuno mostra il foglietto degli autocompattatori. Il segno giallo, con l’evidenziatore, sottolinea le macchine fuori uso ed è disseminato lungo tutta la pagina. Vincenzo, che sta per iniziare il suo turno, racconta: “Ho sessantacinque anni, lavoro da ventotto. Ho visto di tutto: carcasse di animali, schifezze… Ho le gambe distrutte”.

Si parte, in macchina, al seguito di uno dei pochi mezzi funzionanti. Sono le cinque e mezza, sui telefonini dei dirigenti arrivano le segnalazioni dal campo: “Come? Hanno lasciato due intere cucine accanto al cassonetto?”. Le storie della munnizza sono paradossali e vere. Si racconta di quando uno spirito burlone e incivile mise del cemento in un sacchetto e le ganasce meccaniche furono praticamente polverizzate.

Cassonetti stracolmi e discariche

La meta è il Villaggio Santa Rosalia. Dal camioncino scendono in tre – Alessandro, Michele e Salvatore, uno è l’autista che dà una mano a raccogliere i rifiuti. Bottiglie di vetro, cassette, sacchetti ingombranti, sparpagliati. “Ci vogliono i controlli – dice un ragazzo dell’equipaggio, mentre sbuffa per la fatica – altrimenti non se ne esce più”. Il cammino continua. I cassonetti sono stracolmi. In altri punti si annotano corpose discariche abusive, con grandi manufatti dalla foggia incerta e materassi. Gli uomini della Rap conoscono a memoria la mappa dell’inciviltà. C’è l’inverosimile, vomitato dalla notte di Palermo. “Ora noi passiamo e puliamo – commenta una dirigente – tra due ore, vedrà che i cassonetti sono di nuovo traboccanti. Sa cosa sono i rifiuti migratori? Quelli lasciati da chi abita in provincia e, venendo per lavorare, butta tutto, impropriamente, dove capita”.

Ancora profili di scarti ovunque, come riflessi inquietanti. Il tridente della Rap si impegna, va all’attacco, ma l’avversario sembra più forte nel contropiede. E’ come tentare di mettere il mare in un secchiello. Caffè e cornetto al bar a mo’ di rito conclusivo. Il ritorno alla sede illuminata della Rap. Altri autocompattatori escono, con il motore singhiozzante. Le facce a bordo sono scure. Lasciate ogni speranza, voi che uscite.

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07 Ottobre 2023, 06:50

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