“Palermo riscopra l’autostima | Così abbiamo cambiato la città”

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02 Febbraio 2017, 18:38

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PALERMO – Nel suo ufficio a Palazzo delle Aquile Leoluca Orlando esibisce tutta la soddisfazione per il riconoscimento di Capitale della cultura andato a Palermo. È il quarto fiore all’occhiello dopo il riconoscimento dell’Unesco, il successo della candidatura a Capitale dei giovani e quella per ospitare la Biennale internazionale Manifesta.

Sindaco, abbiamo visto che tra le concorrenti di Palermo in questa competizione per aggiudicarsi il titolo di capitale della cultura c’erano solo piccoli centri e Palermo era l’unica grande città. Le chiedo anzi tutto perché è stata avanzata questa candidatura?

“Perché le città grandi hanno paura a candidarsi. Sono più sensibili all’effetto di rinculo della bocciatura. Quindi il sindaco di una grande città dice ‘perché devo rischiare?’”.

Voi invece ci avete creduto. Perché?

“Quando vuoi realizzare un cambio culturale devi essere pronto a correre rischi e a pagare costi. E hai bisogno di avere riconosciuta la tua visione. Tutti questi riconoscimenti a catena servono a rimuovere quello che chiamo la mancanza di autostima. Ne abbiamo sofferto come abbiamo sofferto del delirio di onnipotenza, che ci ha fatti sentire l’ombelico del mondo”.

Basta un riconoscimento per sopperire a questa mancanza di autostima?

“Racconto un aneddoto. Mi vengono a trovare tre mega-direttori galattici di multinazionali che vogliono investire a Palermo, entusiasti della città. Mi hanno fatto,loro l’elenco delle cose che abbiamo fatto noi. Però alla fine mi dicono: ‘sindaco, vorremmo farle un’osservazione. Quando andiamo a investire in una città non andiamo in grandi catene ma in alberghi gestiti da locali. Lo abbiamo fatto anche qui, ci siamo trovati bene colazione buona ma le sembra normale signor sindaco che abbiamo pagato 40 euro?’. Ecco, ho detto alla federazione albergatori: aumentate i prezzi, avete ormai medie che superano l’80 per cento di copertura annua”.

Dice che siamo rimasti indietro?

“A qualcuno che mi dice: lei mi ha rovinato per la chiusura alle macchine, io dico: no, devi chiudere. Se vuoi campare nel cuore della capitale della cultura e del percorso Unesco con la lampada al neon e la macchina del caffè che non funziona, allora devi chiudere. Ho condiviso la gioia con il presidente Mattarella la stessa sera della proclamazione. Anche questo è un segno di cambiamento: due palermitani alle prime due cariche dello stato. Purtroppo la Boldrini è marchigiana ma eletta a Palermo. Che non è più la città della mafia, che c’è ma non governa più Palermo”.

Quale visione c’è dietro il progetto capitale della cultura?

“Tutto è iniziato con Manifesta, quando in segreto abbiamo proposto la nostra candidatura. Abbiamo vinto per quelle “M” che si chiamano Mediterraneo e Migrazione. Perché noi mandiamo un messaggio di cultura dei diritti e dell’accoglienza. È diventata questa la cifra di questa città, che essendo una città dell’accoglienza appare sicura: quando arriva un personaggio strano i primi a difendere la loro città sono quelli della sua etnia. Abbiamo avuto i bengalesi che denunciano i palermitani che chiedono il pizzo. Questo e il clima, avere una visione aiuta il clima. La utopia per me non è il non luogo ma il luogo buono, “eutopia”, avere utopie e farsi opposizione da sé. E una sindacatura andava ricordata già per uno solo di questi quattro risultati (Unesco, Capitale della cultura, Capitale dei giovani, Manifesta, ndr)”.

Qual era quest’anno la capitale della cultura? E com’è andata lì?

“Pistoia. Hanno avuto aumenti di presenze turistiche”.

Se li avremo anche noi, sindaco, accoglieremo i turisti con cassonetti straboccanti di immondizia e attese di mezz’ora alla fermata dell’autobus? Perché oggi anche questo è Palermo…

“Volare alto è farsi opposizione da sé. La presenza di turisti ha cambiato la qualità dell’offerta della città. Fino a qualche anno fa avevamo quattro o cinque ristoranti buoni, o meglio in cui si pagava tanto, oggi quando esci la sera hai centinaia di locali di qualità media o medio alta. La qualità dei negozi di via Maqueda è cambiata in questi anni”.

E la qualità dei servizi del Comune non potrebbe migliorare?

“Intanto l’abbiamo cambiata: abbiamo fatto le pedonalizzazioni ad esempio. Io non voglio consensi, voglio consenso. Quando entrano dieci persone qui io sistematicamente penso di fare il contrario di quello che chiedono. Per non accontentare dieci e scontentare tutti gli altri che qui non verranno mai. La politica clientelare non ha futuro. Io non voglio che Palermo diventi una città di scippatori, acchiappa e fuggi. Ma c’è un problema complessivo che riguarda la Regione”.

Quale?

“Qual è il difetto più grave che esiste oggi in Sicilia? Manca la narrazione delle bellezze della regione. In passato c’era: la bruttezza è la mafia, la bellezza l’antimafia. Ora che la mafia non governa più bisogna cambiare la narrazione. L’altro giorno a Villa Cattolica, a Bagheria, per l’inaugurazione del Museo Guttuso ho visto migliaia di persone in fila e non c’era nessun esponente del governo regionale. C’era il presidente dell’Ars che è persona che io ritengo abbia un forte senso delle istituzioni ma mancava il governo. Manca una comunicazione regionale. Noi con la Toscana e da un po’ la Puglia siamo gli unici in Italia che possono comunicare regionalmente. Io voglio mettere in sicurezza questa narrazione”.

Che spazio ci sarà per i privati nell’ambito delle occasioni offerte dall’essere capitale della cultura? Secondo lei il privato è stato coinvolto a sufficienza fin qui a Palermo nel rilancio della cultura?

“Posso fare un elenco: Vie dei tesori, Settimana delle culture, Brass Group…”.

Ma il Brass Group non rischia di chiudere proprio perché dimenticato dalle Istituzioni?

“Il Comune intende entrare nella compagine per metterla in sicurezza. Continuo l’elenco: la Biennale dell’Arcipelago mediterraneo, il Festival delle culture migranti. Tutte iniziative private sostenute dal Comune. Come la Marina dei libri. Come lo Street food festival. E sul festival dell’arcipelago mediterraneo ci sarà anche il coinvolgimento della fondazione Benetton”.

I teatri privati godranno i benefici di questo riconoscimento?

“Stiamo pubblicando un bando per sostenere i teatri privati che hanno un calendario”.

Non è che alla fine tutto si ridurrà al giardinetto dei soliti noti che a vario titolo fanno il bello e cattivo tempo nella cultura palermitana? Magari anche bravissimi…

“Oggi abbiamo finalmente un assessore alla cultura. Questa è una città che sa anche ricambiarsi. Oggi abbiamo un assessore alla scuola. Oggi abbiamo un assessore alle attività. Tutto questo sta producendo un cambio culturale anche nell’amministrazione comunale. Oggi, lo hanno detto anche Ovadia e Attilio Bolzoni, Palermo è più avanti delle altre città, anzi è più avanti dell’Italia. Vorremmo essere profeti di un tempo nuovo. A marzo organizziamo a Erice un evento di Palermo capitale della cultura. Con Patrizio Cinque abbiamo un accordo per promuovere Bagheria sul sito di Palermo. Bisogna fare insieme”.

Anche con volti nuovi, era la domanda?

“Bisogna essere nuovi dentro, qualcuno mi ha spiegato che per essere giovani ci si mette molto tempo, diceva Pablo Picasso. Abbiamo vinto un bando del ministero dei Beni culturali per i quali nei prossimi quattro mesi avremo un finanziamento per elaborare modalità e criteri di scelta della governance dei beni culturali. Sarà un modello partecipativo di coinvolgimento che applicheremo. Su questo costruiremo i comitati di pilotaggio di Palermo capitale della cultura. Come abbiamo fatto per il sito Unesco, che ha un comitato e un sito internet, gli altri della Sicilia hanno solo un bollino”.

Sindaco, abbiamo parlato di cultura, di visioni, di narrazioni. Ma prima di andare, mi consenta: com’è finita col Pd?

“Noi andiamo avanti, abbiamo grandissima richiesta di liste. Non ho notizie su quel fronte”.

Ma è vero che lei ha detto al Pd che non vuole quelli di Ncd nelle liste?

“Ho detto che il mio partito si chiama Palermo e deve essere sostenuto da una coalizione che sia coerente col messaggio di una Palermo che vuole cambiare. E questa esperienza si ripeterà anche alle regionali. Su nove sindaci dei comuni capoluogo di provincia in Sicilia sei non hanno partito. Non è un caso”.

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02 Febbraio 2017, 18:38

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