PALERMO – Ventidue indagati per corruzione fra dirigenti ospedalieri, manager pubblici, imprenditori, faccendieri e società. Su richiesta della Procura di Palermo due persone finiscono agli arresti domiciliari, a cinque viene imposto il divieto di dimora e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, ad alte tre il divieto temporaneo di esercitare impresa.
La Procura ad aprile 2024, dunque più di un anno fa, aveva chiesto nove misure cautelari in carcere, ma il giudice per le indagini preliminari Carmen Salustro, dopo gli interrogatori preventivi avvenuti nelle scorse settimane, ha ordinato delle misure meno afflittive.
Si indaga per corruzione. Sarebbero state pagate tangenti per pilotare l’aggiudicazione di sei appalti per quasi 130 milioni di euro nella sanità pubblica. Secondo il procuratore Maurizio de Lucia, l’aggiunto Paolo Guido e i sostituti Giacomo Brandini e Andrea Zoppi, esiterebbe un “comitato d’affari di imprenditori, lobbysti e funzionari pubblici”.
Le ipotesi di reato contestate a vario titolo sono corruzione, turbata libertà degli incanti e del procedimento di scelta del contraente, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Il precedente di “Sorella sanità”
L’inchiesta ha preso le mosse da un altro scandalo che ha già portato a pesanti condanne. La precedente inchiesta aveva svelato il ruolo del dirigente Fabio Damiani, chiamato “Sorella sanità”, un tempo alla guida della centrale unica di committenza per gli appalti della Regione siciliana. Damiani, che era anche provveditore per le opere pubbliche dell’Asp di Palermo e manager all’Asp di Trapani, aveva stretto un accordo con l’imprenditore agrigentino Salvatore Manganaro.
Entrambi hanno fatto delle ammissioni che hanno acceso i riflettori su altri appalti. Damiani, così mise a verbale, avrebbe subito pressioni per l’aggiudicazione dell’appalto da 100 milioni per le pulizie nelle Asp siciliane.
Il commercialista recordman di incarichi
Le pressioni sarebbero arrivate dall’uomo chiave della nuova inchiesta, il commercialista Antonio Maria Sciacchitano, che è finito agli arresti domiciliari. Un super esperto di numeri, conti e performance chiamato come consulente da una sfilza di enti pubblici.
Lunga la lista dei suoi incarichi nel mondo della sanità pubblica: componente del collegio sindacale dell’Asp di Palermo, consulente dell’Asp di Caltanissetta per le problematiche contabili, componente in rappresentanza della Regione siciliana nel collegio sindacale dell’ospedale Civico di Palermo, presidente dell’Organismo indipendente di valutazione dell’Asp di Trapani (stesso incarico all’Ersu, l’Ente regionale per il diritto allo studio universitario), membro dell’Organo di valutazione dei manager della sanità pubblica.
Sarebbe stata la sua rete relazionale, secondo l’accusa, ad avvicinarlo ad ambienti ambienti politico-istituzionali e imprenditoriali.
Sanità, gli arresti e le altre misure cautelari
Oltre a Sciacchitano (arresti domiciliari e interdittiva per un anno) sono indagati: Aldo Albano, provveditore dell’azienda sanitaria Villa Sofia-Cervello (obbligo di presentazione e interdizione per sei mesi); Pietro Genovese, ex direttore amministrativo dell’Asp di Caltanissetta e direttore della Unità economico-finanziaria dell’ospedale Villa Sofia di Palermo. Oggi è dirigente della gestione finanziaria, del bilancio e della contabilità dell’Asp di Catania (obbligo di presentazione e interdittiva per un anno).
Ed ancora gli imprenditori Umberto Maggio (Tricarico, obbligo di presentazione e interdittiva per un anno), Giuseppe Rifici (Catania, obbligo di presentazione e interdittiva per un anno), Giovanni Cino (Patti, obbligo di dimora e interdittiva per un anno), Catello Cacace (Napoli, arresti domiciliari e interdittiva per un anno), Rosario Sortino (Modica, obbligo di presentazione e interdittiva per un anno), Antonio Tolomeo (Catanzaro) e Luciano Romeo (Catania), Milko De Seta (Castellammare di Stabia, divieto di esercitare impresa per nove mesi).
Appalti nella sanità per 130 milioni
Le gare su cui si addensa la pesante ombra della corruzione sono sei: “Gestione, assistenza e manutenzione del parco apparecchiature biomediche” bandita dall’Asp di Trapani nel 2021; “Servizio integrato di sterilizzazione, manutenzione e fornitura in noleggio di strumentario chirurgico”, bandita dall‘ospedale Civico di Palermo nel 2022; “Servizio integrato di gestione delle aree operatorie, sterilizzazione, manutenzione e fornitura in noleggio di strumentario chirurgico”, bandita nel 2021 e revocata un anno dopo dall’Asp di Caltanissetta.
“Fornitura di pasti in tutte le residenze sanitarie e centri diurni”, bandita nel 2022 dall’Azienda sanitaria nissena; “Servizio quinquennale di noleggio, lavaggio e disinfezione biancheria, fornitura divise per il personale e materasseria, gestione guardaroba e distribuzione interna, bandita nel 2022 dall’azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello; “Servizio di lavatura, asciugatura, stiratura e governo della biancheria per i vari presidi di Palermo e provincia”, bandita nel 2022 dall’Azienda sanitaria provinciale di Palermo.
La ricostruzione del “patto corruttivo”
L’ipotesi è che siano state pagate tangenti, in contanti (cifre fra 10 e 30 mila euro) e non solo, per pilotare le gare. Il patto corruttivo avrebbe previsto una percentuale sulle commesse milionarie, mazzette mascherate da consulenze e assunzioni di familiari.
Nella ricostruzione dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, guidati dal colonnello Carlo Pappalardo, si parla di offerte preconfezionate sulla base di documenti riservati che non avrebbero dovuto essersi messi a conoscenza di chi partecipava alle gare. Di punteggi gonfiati che sarebbero stati assegnati dalle Commissioni di gara, i cui membri sarebbero stati nominati ad hoc, sulla stessa scia dell’inchiesta “Sorella sanità”.
Che il lavoro dei pm non fosse concluso con “Sorella sanità” era emerso con chiarezza. Livesicilia raccontò che Damiani aveva scritto una lunga lettera piena di fatti e nomi sulle gestione illecita degli appalti. Scriveva anche della lottizzazione politica delle nomine nei posti dirigenziali.
C’è un capitolo di inchiesta che riguarderebbe la capacità di Sciacchitano di condizionare anche alcune nomine nella sanità.