19 Ottobre 2023, 07:31
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PALERMO – È il giorno della sentenza per l’ex giudice Silvana Saguto e per gli altri imputati dello scandalo che nel 2015 travolse la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. Dopo il rinvio dei giorni scorsi il processo è giunto all’ultimo atto. La Cassazione aveva aggiornato la decisione “considerata la molteplicità delle questioni da decidere”.
Non si sa ancora se il verdetto sarà emesso in mattinata o, come accade di solito in Cassazione, di sera al termine della trattazione di tutti i processi fissati nella giornata. Il procuratore generale della Cassazione Simone Perelli al termine della requisitoria ha chiesto di confermare la condanna per tutti i capi di imputazione, tranne quelli relativi alla rivelazione del segreto d’ufficio. “Siamo in presenza di più patti dove si inseriscono le varie nomine e provvedimenti adottati da Silvana Saguto – aveva detto – Le indagini hanno fotografato come Saguto abbia piegato la sua funzione”.
Si parte dalla condanna emessa dalla Corte d’Appello di Caltanissetta: 8 anni e 10 mesi e 15 giorni per Saguto; 6 anni e due mesi per il marito Lorenzo Caramma; 7 anni e 7 mesi per l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il “re” degli amministratori giudiziari; 4 anni e 2 mesi per Roberto Santangelo, pure lui amministratore giudiziario. Sono loro a rischiare il carcere, in caso di condanna confermata saranno arrestati.
Dalle indagini dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo, coordinati dalla Procura di Caltanissetta, emerse un vorticoso giro di favori, regali, parcelle e consulenze attorno al quale ruotava la gestione dei beni tolti ai boss e agli imprenditori sospettati di essere in affari con la mafia. Tutto lecito, nessuna violazione: così ha sempre sostenuto Saguto, difendendo la sua autonomia decisionale.
Queste le altre condanne emesse in appello: 4 mesi per il figlio di Silvana Saguto, Emanuele Caramma, tre anni per l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo e per il professore della Kore di Enna ed ex amministratore giudiziario Carmelo Provenzano; un anno e 4 mesi per l’avvocato e amministratore Walter Virga; 2 e 8 mesi per il tenente colonnello della Guardia di finanza all’epoca in servizio alla Dia Rosolino Nasca; un anno e dieci mesi per il preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna Roberto Di Maria, 2 anni e 8 mesi per Maria Ingrao, moglie di Provenzano, e Calogera Manta, la cognata.
In primo grado e in appello hanno retto le accuse, a vario titolo, di corruzione, concussione, falso e abuso di ufficio. È caduta, invece, l’associazione a delinquere. Sono tre le possibilità: la Cassazione potrebbe rigettare i ricorsi degli imputati e rendere definitive le condanne, annullarle con rinvio stabilendo che per uno o più punti serva un nuovo processo di appello anche solo per rideterminare le pene inflitte, annullare senza rinvio la decisione di secondo grado (ipotesi che appare remota per Saguto) assolvendo gli imputati. In caso di condanne superiori ai tre anni si aprirebbero le porte del carcere.
Uno dei temi su cui insiste la difesa di Saguto riguarda il patto corruttivo siglato dall’ex magistrato con Cappellano Seminara. Un patto contestato dal 2010, quando Saguto era ancora Gip, al 2015. “Riesce davvero arduo comprendere il suo slittamento temporale e la sua tenuta logica al settembre 2015 – ha spiegato l’avvocato Ninni Reina – e comprendente la asserita dazione di denaro corrisposta il 30 giugno 2015 (la nota vicenda dei soldi che Cappellano portò a Saguto a casa dentro un trolley) per far fronte ad imprevedibili difficoltà finanziarie del nucleo familiare della dottoressa Saguto, e che certamente non potevano formare oggetto dell’originario accordo corruttivo”.
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19 Ottobre 2023, 07:31