Spaccaossa, finti incidenti stradali nel Nord Live Sicilia

Palermo, spaccaossa in trasferta nel Nord Italia per i finti incidenti

Cosa hanno scoperto i poliziotti del commissariato Brancaccio

PALERMO – Cercavano uomini e donne disposti “a farsi scassare tutti”. E c’era la fila di gente disperata. Lo era una madre, da sola, malata di cancro e con un figlio di cui prendersi cura. “Questi soffrono un mese e dopo un mese fanno sessanta, settanta mila euro” pagati dalle compagnie di assicurazione.

Era una bugia. Al massimo chi si faceva spezzare gambe e braccia per i finti incidenti incassava il 15% degli indennizzi.

A parlare nella conversazione intercettata erano Giuseppe Zizza e Vincenzo Maccarrone, arrestati dai poliziotti del commissariato Brancaccio diretto da Giuseppe Ambrogio.

I primi falsi incidenti erano stati organizzati a Palermo. Poi decisero di cambiare aria. Le compagnie erano pignole in caso di sinistri nel Sud Italia. E così gli organizzatori decisero di spostarsi al Nord.

Milano, Torino, Bologna, Brignasco, Legnano, Borgosesia, Busto Arsizio, Mogliano Veneto, Arconate: gli spaccaossa sono andati in trasferta, laddove i controlli sono risultati meno stringenti. Individuavano le vittime, pagavano le spese di trasporto e alloggio in hotel, provocavano le fratture e infine le scaricavano come merce sull’asfalto, simulando investimenti mentre andavano in bicicletta. Per evitare sbavature chiamavano persino la polizia locale in maniera da certificare la dinamica degli incidenti.

Con in mano il verbale delle forze dell’ordine e i referti degli ospedali si aprivano con facilità le casse delle compagnie di assicurazione. A quel punto bastava farsi firmare dalle vittime la procura speciale ad incassare e i soldi venivano trasferiti sul conto corrente di persone compiacenti.

Ed è partendo da un ufficio postale di via Galletti, ad Acqua dei Corsari, che i poliziotti di Brancaccio hanno ricostruito nomi e ruoli della truffa. Oltre 700 mila euro già incassati, un milione bloccato poco prima delle liquidazioni. Si continua a indagare, perché è forte il sospetto che ci siano altri casi e responsabilità da scoprire.

Tutto inizia nel mese di aprile aprile 2020. Un uomo e una donna, Salvatore Picone e Giuseppa Messina, si presentano alle poste. Devono aprire un conto corrente nel quale transiteranno per pochi giorni 80 mila euro, subito prelevati. Causale: “Risparmi per la nipote”. Strano visto che la donna non ha redditi che giustifichino la provenienza della somma di denaro.

Picone commette l’errore di presentarsi allo sportello con un documento falso. Il direttore se ne accorge e parte l’indagine. La carta d’identità risulta rilasciata dal Comune di Ficarazzi. Il responsabile della delegazione comunale lo disconosce. I poliziotti estraggono le immagini delle telecamere che inquadrano l’ufficio postale. Ad accompagnare l’uomo e la donna in macchina è stato Giuseppe Zizza.

Sul conto corrente ci sono due bonifici in entrata. L’autore è Giovanni Pisciotta, che nel 2018 risulta essere stato investito da una macchina mentre andava in bici. Frattura alla gamba e al braccio: così recitava il referto dell’ospedale di Borgosesia, in Piemonte. Indennizzo da 250 mila euro.

La figura di Pisciotta traccia una chiara via investigativa visto che il suo nome compare in nove incidenti come vittima, responsabile o semplice testimone. Troppi per passare inosservati.

Nel corso delle indagini sono state registrate farsi del tipo: “Mi fa male credimi”; “Intanto prenditi questo antibiotico”; “Ma questa operazione per forza?”; “Se non la fai nemmeno si può chiudere la pratica”.

I poliziotti convocano le vittime. Tra queste, una donna che all’inizio mente. Poi capisce di non avere altra scelta. E confessa di essere stata accompagnata in aereo e poi in hotel. Da qui in un posto dove “ho chiuso gli occhi e ho sentito la botta al braccio”.

Dalle frasi intercettate emerge uno spaccato di miseria. Gli indagati principali trattenevano la quasi totalità della cifra pagata dalla compagnia di assicurazione. Di tanto in tanto davano gli spiccioli alle vittime. Poche centinaia di euro per comprare “le scarpe”, “il frigorifero a mio figlio che neanche può bere un bicchiere di acqua fredda”, oppure per “organizzare il compleanno di mia figlia”.

“Ho paura delle conseguenze e delle loro minacce, hanno minacciato mio marito come due mafiosi”, ha messo a verbale una donna.

Un assicuratore aveva capito che c’era qualcosa sotto. “Tu sai dell’operazione spaccaossa a Palermo? Punto non aggiungiamo altro”, disse a Matteo Corrao, poco prima di approvare una pratica e disporre un bonifico da 47 mila euro.

Gli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni e dal sostituto Anna Battaglia, hanno monitorato i successivi prelievi in contanti del soldi consegnati ai capi dell’organizzazione di cui avrebbero fatto parte oltre a Zizza, Maccarrone e Corrao anche Salvatore Costa, Luca Poerio, Giovanni Pisciotta, Gianpiero Bagnasco e Lorenzo Catalano.


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