25 Marzo 2018, 06:02
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Ma com’è davvero Palermo nell’era intramontabile dell’Orlandismo che regna e si fregia dei suoi asseriti successi? A quale narrazione si deve prestare fede? C’è un racconto rinascimentale, di sostanza e di propaganda, che snocciola una litania del trionfo. Il riconoscimento quale Capitale della cultura, ‘Manifesta’, il percorso Unesco, il Teatro Massimo, le copertine del New York Times, il Dalai Lama, acclamatissimo, che nulla lasciò trascritto di memorabile, comunque era il Dalai Lama in visita. E vuoi mettere…
C’è una parallela cronaca malmostosa e carsica che annovera il ‘ciaffico’, il degrado, la povertà, la sporcizia, che tutto unisce – dalle buche, alla pioggia, ai rifiuti – nel tratteggiare pittoricamente una decadenza inesorabile.
Con una differenza. Gli aedi della città rinascimentale si muovono in massa e li vedi a occhio nudo. Occupano tribune di rilievo. Orientano il pensiero collettivo, da intellettuali laureati. Esibiscono, quando si presenti l’occasione social, o una semplice chiacchierata tra amici, l’empatica e legittima adesione alle azioni del sindaco perenne, più che pro tempore. I bastian contrari sono più difficili da rintracciare, almeno in un argomentato discorso pubblico che non sia il post gastrico e rapsodico su facebook. Non si coagulano mai. Non fanno opinione. Eppure sono detentori di concetti interessanti.
Qui diamo diritto di espressione ad alcuni personaggi noti ai più, che non si definiscono, apertamente, né ‘bastian contrari’, né intellettuali’, ma che non amano l’esultanza a prescindere. Li abbiamo cercati noi, spulciando talvolta gli appunti che scrivono sui social, proprio in nome del controcanto, per sollecitare il pungente e mai protervo esercizio della critica ragionata che è – sempre – il sale di ogni cambiamento. Chi può, prenda appunti.
“Io principalmente un’osservazione ho da muovere – dice Ennio Tinaglia, avvocato e penna pregiata di LiveSicilia -. Non esiste solo il quadrilatero intorno al Massimo. E mi pare, invece, che il sindaco Orlando polarizzi tutto lì. Non c’è più nemmeno bisogno della classica distinzione tra centro e periferia, siamo su due pianeti diversi: il salotto tirato a lucido e il resto che annaspa. Perché nessuno si pone il problema? Qualcuno, forse, dovrebbe darsi una ‘smossa’”.
Vincenzo Ceruso, sociologo, perno della comunità di Sant’Egidio – uno che va in giro per strade desolate in cerca di poveri – è anche segretario della consulta diocesana dei laici. Ha i titoli per le denunce circa il disagio sociale. “Le sacche di povertà a Palermo, come altrove, sono in aumento – spiega – e c’è l’attenzione di un assessore al ramo sensibile e impegnato. Ma spesso viene difficile tradurre gli impulsi in una buona prassi amministrativa, per scarsità di risorse. Ci vorrebbero più assistenti sociali in strada e un maggiore risalto agli anziani soli e disperati. Sui migranti l’emergenza funziona, tuttavia si dovrebbe ripensare il meccanismo successivo dell’integrazione. C’è tanto da migliorare”.
Marco Pomar, autore di testi pregevoli e lettissimi, non sceglie la via della tenerezza: “Mi sembra che il sindaco abbia perso lo smalto. Non discuto la statura culturale delle belle imprese che si sono realizzate; possiamo, a buon diritto, esserne orgogliosi. Però, se poi persistono la munnizza, il ciaffico, le vie chiuse per i lavori e peggiora la vivibilità, qualche tirata d’orecchie devi aspettartela. Io sono favorevole alle pedonalizzazioni, alla Ztl… Al tempo stesso, ci vorrebbero dei mezzi pubblici che funzionassero”.
Nemici della contentezza? Panormosauri? Incontentabili? Le voci che si esprimono fuori dal coro sono più conformi al tono civile di perplessità, di dubbi che non ricevono mai risposta, in forma di compendio.
“Mi trovo in un momento di transizione – dice Gianni Allegra, gentile e dissacrante vignettista di più generazioni di palermitani inclini allo sberleffo -. Palermo Capitale della cultura è un’occasione importantissima per rimettere in circolazione aria pulita. Le contraddizioni non mancano e non le scopro io. Ma non mi va il refrain del ‘tutto fa schifo’. Inoltre – come sottolineava il grande Sellerio – io sto a casa mia…”.
La cultura. Ecco la scommessa e il nucleo di tutte le propagande e di tutte le sostanze, nonché di tutti i mal di pancia. Materia ardente per il dibattito.
La poliedrica e polemista Rubina Mendola (“per sintesi mi può definire critico”) offre a riguardo ipotesi acuminate: “Bisogna distinguere tra il tam tam entusiastico e quello che si vede nella realtà. Io vedo un contesto immerso nel degrado. Vogliamo chiacchierare della movida selvaggia, della qualità della vita nel centro storico, della disoccupazione, argomento, quest’ultimo, di cui un sindaco dovrebbe pure preoccuparsi? Palermo è un luna park vuoto”.
Gianni Nanfa è la più autentica maschera cittadina di un teatro che vola altissimo, soprattutto quando pascola nei campi della smagliante popolarità. Pure lui ha una lisca in gola. “Registro – dice – l’indifferenza nei confronti del teatro privato che muove il settanta per cento del pubblico e di cui nessuno si occupa. Mica stiamo bussando a soldi, vogliamo servizi e la certificazione del nostro ruolo. L’assessore alla Cultura di Palermo io non lo conosco, non so chi sia, né che faccia abbia. Se lo incontrassi. non lo riconoscerei. Quasi diamo fastidio. Come è possibile ignorarci?”.
La chiosa è di Bibi Bianca che fu compagno di palco e di passione con Nanfa, in anni ruggenti, e che frequenta lo struggimento di Palermo a tratti, avendo fondato una scuola teatrale palermitana in Brasile. La sua analisi è caustica: “La città, politicamente, mi risulta non rappresentata; Leoluca Orlando è stato eletto da una minoranza, rispetto al totale. Non c’è vera opposizione, da trent’anni nessuno ha saputo costruire un’alternativa credibile. C’è un gruppo che si impone e che si dà il cambio. Totò recita, mentre Vicè applaude. Alla puntata successiva, Vicè declama, mentre Totò gli batte le mani. Mi sembra che sia abbastanza”.
Il catalogo delle doglianze, a snidarlo e ricomporlo, è vasto e qui, probabilmente, perfino parziale, rispetto a quel generico respiro malmostoso dell’incipit. Eccola, dunque, Palermo nella punteggiatura di chi non nega tutto, ma non è disposto ad accettare tutto. Rinascimentale e sporca, culturale e degradata, meravigliosa e soffocata dalla necessità, lamentosa e sommamente incapace di voltare pagina. Si potrà dirlo, senza incorrere nella scomunica?
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25 Marzo 2018, 06:02