13 Novembre 2024, 11:46
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PALERMO – È il più piccolo dei sette imputati, ma fu lui “ad aprire le danze” nella terribile notte della violenza di gruppo al Foro Italico. Usa queste parole la sezione per i minorenni della Corte di appello di Palermo nella motivazione della sentenza con cui ha confermato la condanna a 8 anni e 8 mesi inflitta a Riccardo Parrinello.
L’imputato avrebbe compiuto la maggiore età pochi giorni dopo lo stupro subito dalla diciannovenne. La sua è la condanna più pesante di tutte. Nell’altro processo la pena più alta non ha superato i 7 anni. La ragazza è parte civile nel processo, assistita dalla legale Carla Garofalo.
Il collegio non ha alcun dubbio che si sia trattato di uno stupro e non di un rapporto consensuale: “A parte bere in compagnia qualche cocktail al bar in una placida serata estiva la vittima non ha mai espresso alcun consenso ai plurimi e reiterati rapporti sessuali imposteli”.
Ciò emergerebbe da “elementi plurimi ed inequivocabili”, oltre che dalle “chiare dichiarazioni della vittima, che a riguardo è stata sempre precisa nell’escludere radicalmente qualsivoglia adesione da parte sua al progetto criminale”.
Oltre alla denuncia ci sono le intercettazioni utilizzate anche nell’altro processo. Gli indagati facevano riferimento al fatto che la ragazza ad un certo punto avesse detto basta.
La difesa aveva chiesto di sentire un’amica della vittima (sentita dei difensori dagli imputati riferì che la diciannovenne le avrebbe confidato che il rapporto era consensuale) ma la Corte ha respinto l’istanza: la vittima aveva querelato l’amica per alcune dichiarazioni diffamatorie nei suoi confronti e dunque le dichiarazioni sono state ritenute inutilizzabili.
Accogliendo la richiesta della Procuratrice generale Lia Sava e dei sostituti Claudia Bevilacqua e Maria Grazia Puliatti, la Corte ha contestato all’imputato tutte le aggravanti.
Quella che abbiano agito in più di cinque persone e quella della minorata difesa della vittima: “I ragazzi hanno scelto un cantiere abbandonato e isolato, insistente in una rientranza recintata sì che nessun passante avrebbe mai potuto notare i fatti senza abusivamente violare la recinzione di una zona buia e poco frequentata”.
Ed ancora: “Le implorazioni e le urla di dolore alla ragazza non potevano essere sentite da alcuno ed ella mai da sola avrebbe potuto opporre alcune efficace e reazione”. Così come sussiste l’aggravante del fatto che fossero più di cinque.
Parrinello non merita la concessione delle attenuanti generiche. Secondo la difesa, avrebbe avuto un ruolo marginale nei fatti: un rapporto orale durato due minuti senza esercitare violenza fisica.
Ed ecco il passaggio più duro della motivazione: “Egli gli è stato il primo ad aprire le danze, per così dire, facendosi praticare sesso orale dalla povera ragazza di fatto immobilizzata e tenuta per il capo. Seppur non si faccia fatica a ritenere che aleggiasse già nelle intenzioni di tutti il proposito di abusare in gruppo della ragazza i fatti processuali certificano comunque indiscutibilmente che sia stato proprio il giovane Parrinello, per sua stessa ammissione, ad iniziare quella bestiale azione di gruppo. Questo la dice lunga sul reale contributo dell’impugnante, assolutamente primario e particolarmente incisivo In senso negativo”.
Secondo i giudici di secondo grado, viene “smentito il fatto che non avrebbe mai maltrattato manescamente la vittima perché da una foto si vede Parrinello che sferra un forte schiaffo sul seno sinistro della ragazza facendola urlare di dolore”.
Parrinello non merita le attenuanti generiche anche perché “per sua stessa ammissione, per paura e superficialità, ha deliberatamente omesso di chiamare i soccorsi”.
Così come non gli può essere concessa l’attenuante della minore età: “Ha compiuto la maggiore età il 27 luglio era dunque pressoché maggiorenne ed è fisiologico ritenere che più ci si avvicina alla soglia dell’età maggiore che Parrinello stava praticamente toccando al momento dei fatti più debba ritenersi acquisita l’ordinaria maturità legata alla condizione normativa di persona praticamente adulta”.
Nessuno sconto, dunque, per un “fatto di inaudita gravità”. I giudici ricordano nelle relazioni redatte dagli psicologi e dagli educatori del sistema penitenziario minorile il ragazzo “mostra pentimento ma solo nei confronti di se stesso e dei propri genitori che ha fatto soffrire tanto senza tuttavia mai spendere una parola per la vittima”.
Conclusione: “La pena non può certamente essere contratta perché l’imputato non lo meriterebbe”.
Il processo a Parrinello è già in appello. Quello degli altri imputati si è chiuso in primo grado solo nei gironi scorsi. Gli imputati sono stati tutti condannati, ma le pene sono stati inferiori: da 4 a 7 anni. Solo le motivazioni del Tribunale chiariranno il percorso seguito dai giudici. I legali degli imputati, nonostante le condanne e la gravità dei fatti, hanno parlato di “vicenda ridimensionata” a fronte della richiesta di condanna a 12 anni avanzate dalla Procura.
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13 Novembre 2024, 11:46