31 Ottobre 2022, 05:35
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PALERMO – Una serie di vertici fra mafiosi palermitani e agrigentini. Incontri forse voluti da Matteo Messina Denaro. Il recente arresto di Cosimo Michele Sciarabba, indicato come il nuovo capomafia di Misilmeri, fa tornare di attualità una vicenda mai chiarita di 10 anni fa.
Frenetico era allora l’asse dei mafiosi palermitani con la provincia di Agrigento. A Sambuca di Sicilia, prima di finire in carcere, era molto attivo Leo Sutera, pedina della cerchia ristretta in contatto con il latitante di Castelvetrano. È lui che i palermitani vanno ad incontrare il 18 giugno 2012.
Alle 9:30 di quel giorno i carabinieri del Ros seguono gli spostamenti di Cosimo Michele Sciarabba. Per mesi è stato l’ospite misterioso del summit di mafia a Villa Pensabene. Poi, ad ottobre 2012, lo hanno arrestato. Un uomo al centro degli interessi di più mandamenti: Misilmeri, Porta Nuova, Pagliarelli e Noce.
Sciarabba staziona davanti all’agenzia di pompe funebri della famiglia D’Ambrogio, altro cognome che conta nella mafia palermitana. Sciarabba sale a bordo di una Toyota Yaris dove, intorno a mezzogiorno, trova posto Gaetano Maranzano, della famiglia mafiosa di Cruillas.
Alle 12:14 la Yaris si ferma vicino ad un abbeveratoio, a poca distanza dallo svincolo della strada statale 624 Santa Margherita Belice-Contessa Entellina. Sciarabba e Maranzano scendono per salire su un’altra macchina. Alla guida c’è un uomo. I tre proseguono la marcia in direzione del quadrivio Campofiorito-Corleone, Contessa Entellina, Sambuca di Sicilia.
Poi imboccano la direzione verso il bivio Miccina. La macchina si ferma nei pressi di un terreno, il cui
ingresso è delimitato da una sbarra di ferro. I tre scendono e raggiungono a piedi una vecchia costruzione rurale. Lungo il percorso si è aggiunta una quarta persona. È Leo Sutera. I quattro si fermano in aperta campagna, dove è impossibile piazzare delle microspie. Una strategia, dunque, per non essere
intercettati. Discutono per un paio d’ore. Poi Sutera sale a bordo di un fuoristrada e si allontana. Maranzano e Sciarabba ripartono verso Palermo.
A questo punto va fatto un passo indietro fino alle 13:49 dell’11 giugno. Contrada Pandolfina, nelle campagne agrigentine di Sambuca di Sicilia. Un uomo si muove tra i vigneti. Entra in un casolare. Tre minuti dopo esce e si sposta in una zona ombrosa. Si siede e tira fuori un pizzino dalla tasca. Quell’uomo, ancora una volta, è Leo Sutera.
Quel pizzino, ne sono convinti gli investigatori, lo ha scritto Matteo Messina Denaro. Sarebbe la conferma che i contatti fra i palermitani e gli agrigentini di Sicilia, Santa Margherita Belice.
Il 3 novembre 2011 c’è un’altra riunione fra Sutera, Sciarabba e Maranzano. I palermitani vengono
prelevati da un soggetto al bivio Cavallaro lungo la strada a scorrimento veloce Palermo-Sciacca.
Destinazione: ancora una volta il casolare di contrada Miccina. Storie di incontri avvenuti e di altri
saltati. Come quelli del 7 dicembre 2011 e del 13 febbraio 2012.
La prima volta qualcuno preleva Sutera nella sua abitazione per accompagnarlo in contrada Miccina.
La seconda, in contrada Cavallaro. In entrambi i casi Sutera aspetta, invano, per più di un’ora l’arrivo di
qualcuno. Poi, innervosito, sale in macchina e si lascia andare ad alcuni commenti non proprio pacati. È
stanco di farsi dare buca dai palermitani.
Il 16 aprile 2012 salta un altro incontro programmato. Stavolta però si è trattato di un malinteso.
Il solito autista preleva Sciarabba e Maranzano al bivio Cavallaro. Non li accompagna, però, in contrada
Pandolfina dove li attende Sutera, ma dopo circa mezz’ora fa rientro a Burgio. Il mediatore dell’incontro era convinto che Sutera, quella mattina, fosse impegnato in un processo al tribunale di Sciacca.
Sutera aveva cercato di avvertirlo che l’udienza era saltata, ma la rete di comunicazione non era stata efficiente.
C’era, dunque, qualcosa di importante in ballo fra i mafiosi palermitani e agrigentini. Sciarabba fece la sua parte. Figlio di Salvatore, condannato per avere guidato il mandamento di Belmonte Mezzagno, che ingloba anche la famiglia di Misilmeri. Nel summit convocato da Giulio Caporrimo, boss di San Lorenzo, a Villa Pensabene, nel 2011, Sciarabba arriva a braccetto con Pippo Calascibetta, capomafia di Santa Maria del Gesù (lo avrebbero crivellato di colpi sotto casa pochi mesi dopo).
Accanto a lui c’è anche Salvatore Seidita, pezzo grosso della Noce. Non è finita: perché Sciarabba è anche grande amico di Giuseppe Bellino, tabaccaio del Villaggio Santa Rosalia, e uomo di di fiducia di Gianni Nicchi. Bellino è sposato con Rita Biondino, figlia di Mimmo Biondino, già condannato per mafia. Da qualche giorno Cosimo Michele Sciarabba è tornato in carcere.
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31 Ottobre 2022, 05:35