05 Luglio 2023, 12:35
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PALERMO – Il presunto capomafia è stato scarcerato. Giuseppe Di Giovanni, boss di Porta Nuova, assisterà a piede libero al processo appena iniziato in tribunale a Palermo. Il giudice per l’udienza preliminare Cristina Lo Bue aveva accolto le eccezioni di nullità sollevate dagli avvocati Rosanna Vella e Giovanni Castronovo. Stessa cosa per Giuseppe Auteri che libero lo perché è latitante, difeso dall’avvocato Dario Gallo. Ai legali non sono stati notificati l’avviso di conclusione delle indagini e la richiesta di rinvio a giudizio.
La posizione due due imputati è stata stralciata dagli altri 31 per il quale il processo va avanti. In attesa di ripartire da zero i termini per la custodia cautelare per Di Giovanni sono scaduti.
Il giudice per le indagini preliminari Filippo Serio ha preso atto della scadenza dei termini di fase è ha ordinato la liberazione di Di Giovanni ha il divieto di espatrio e l’obbligo di vivere in un comune che non sia in Sicilia, Calabria e Campania.
Qua ci sono tre pilastri che non si possono toccare”, diceva Giuseppe Incontrera, boss la cui ascesa è stata fermata con il piombo l’estate scorsa. I “pilastri” mafiosi a Porta Nuova erano Giuseppe Di Giovanni, Tommaso e Calogero Lo Presti.
I primi due avrebbero preso in mano il potere, passandosi il testimone. Il terzo è un grande vecchio che per sua scelta ha deciso di cedere il bastone del comando pur avendo le carte in regola per imporsi. Tutti e tre furono arrestati nel blitz di un anno fa dei carabinieri del Nucleo investigativo, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Giovanni Antoci, Luisa Bettiol e Gaspare Spedale
“Per la prima volta io sono entrato a marzo dell’anno scorso”, diceva Di Giovanni al consuocero Incontrera, collocando nel 2019 l’inizio della sua stagione al vertice. Aveva voluto che il parente acquisito in virtù del matrimonio fra i figli gli stesse accanto nella gestione degli affari e per chiarire a tutti chi fosse “il padrone di questa macchina”. “Padrone” poiché fratello dei capimafia Gregorio e Tommaso.
Di Giovanni dava gli ordini e Incontrera li eseguiva. Dalla droga al pizzo: tutto sarebbe passato dalle loro mani. Le cose cambiarono nel febbraio 2020 con la scarcerazione per fine pena di Tommaso Lo Presti, soprannominato il lungo per distinguerlo dal cugino omonimo detto il pacchione. “S’astutaturu i cuntaturi” (si erano spenti i contatori), diceva amaramente Incontrera.
Nel provvedimento di scarcerazione il gip Serio conferma quanto riportato dalla Procura della Repubblica: Di Giovanni è pericoloso perché avrebbe preso in mano il bastone del comando e c’è sempre il rischio che possa entrare in contatto con Giuseppe Auteri.
Al fratello Tommaso Di Giovanni stamani hanno sequestrato beni per un milione di euro. Gregorio Di Giovanni, invece, ha partecipato alla commissione di Cosa Nostra convocata nel 2018.
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05 Luglio 2023, 12:35