Palermo, dalla testa di capretto all'usura: le minacce dei boss

Palermo, dalla testa di capretto all’usura: le minacce dei boss

Così Giorgio Girgenti racconta la sua vita da incubo. Minacciato dai mafiosi di Santa Maria di Gesù

PALERMO – Lo avevano preso di mira. Così Giorgio Girgenti racconta la sua vita da incubo. L’imprenditore immobiliare, originario di Prizzi, sarebbe finito nel mirino dei mafiosi di Santa Maria di Gesù. Le sue dichiarazioni sono l’ossatura dell’ordinanza di custodia cautelare che ieri ha raggiunto sette persone per usura ed estorsione. Reati aggravati dal metodo mafioso.

Personaggio ambiguo Girgenti, indagato per una serie di truffe, il cui racconto è stato ritenuto credibile prima dal procuratore aggiunto Salvo De Luca e dal sostituto Dario Scaletta, e poi dal giudice per le indagini preliminari Lirio Conti che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare.

Credibile nella parte in cui Girgenti racconta le minacce subite non solo per restituire i soldi che aveva ricevuto in prestito dagli usurai. Ci sarebbero state anche della richieste estorsive. Lo avrebbero costretto a vendere l’hotel l’Amarcord di via Mariano Stabile e a cedere una caparra da oltre 300 mila euro. Ed ancora gli sarebbe stato imposto di occuparsi delle esigenze economiche della famiglia del mafioso di Monreale Carmelo La Ciura, l’uomo che lo avrebbe messo in contatto con i mafiosi palermitani.

I metodi per convincerlo erano sempre intimidatori. “Stai attento a tuo figlio”, gli disse una voce anonima al telefono. Gli hanno rubato tre macchine: una Smart, una Tuareg e una Range Rover. Sulla maniglia di una Mini Cooper, invece, lasciarono un sacchetto con della benzina e un accendino. Andò peggio quando sul cofano della sua Yaris gli fecero trovare una testa di capretto.

Ad un certo punto Girgenti ha deciso di denunciare tutto e tutti dopo un decennio di angherie. A cominciare dal “circolo vizioso di situazioni debitorie e annesse pretese estorsive di cui la vittima si è trovata avviluppata”. All’inizio era La Ciura a fare da interfaccia fra i mafiosi palermitani e Girgenti. Poi gli dissero di farsi da parte. A quel punto Girgenti avrebbe capito che senza protezione rischiava davvero grosso. Ed ha raccontato dei prestiti ad usura ricevuti da Alfredo Giordano, ex direttore di sala del Teatro Massimo, subito allontanato quando fu arrestato nel 2016.

Giordano aveva una pessima considerazione di Girgenti: “… per me è un imbroglione per quanto mi riguarda è un imbroglione… non posso dire non andarci dietro se lui vi dice che ha delle amicizie che vi può fare dissequestrare le cose come posso dire io di non andarci”. In particolare, si trattava di “un giudice donna”. Girgenti millantava.

Giordano e Girgenti si sono conosciuti sette anni fa: “… io nel 2010 gli do 50 mila euro ma mie personali a Girgenti un assegno circolare… perché lui mi porta a vedere una casa in via Arimondi… che poi so che l’ha fatta vedere ad altri 10 persone e me la fa vedere 4 piano ti piace questa casa. Un 100 mila euro… perché lui col Tribunale tramite il Tribunale con 100 mila te la faccio prendere una casa in via Arimondi”.

Giordano ha spiegato che questa vicenda fu l’inizio dei suoi guai giudiziari. È per recuperare i soldi che avrebbe iniziato a frequentare la marmeria dei Di Marco, padre e figlio arrestati per mafia, dove Girgenti si faceva vivo spesso.


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