15 Maggio 2016, 19:30
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PALERMO – Da Palermo-Atalanta a Palermo-Verona in 25 giorni. Dallo stadio vuoto allo stadio pieno. Dall’atmosfera spettrale al clima di festa. Dalla delusione all’entusiasmo. Dal disinteresse all’amore incondizionato. In meno di un mese si è verificato un miracolo di passione, che riporta le cose nell’ambito della consuetudine. Il “Barbera” torna fortino di sentimenti di appartenenza, in poco più di tre settimane il distacco si è tramutato in legame che si nutre della viscerale necessità di identificarsi in due colori: il rosa e il nero. Per i figli che diventeranno padri e per i padri che a loro volta furono figli. Generazione che vai, eroe che trovi. Ieri fu Corini, ieri l’altro Biffi, ancor prima De Rosa, Troja e l’elenco potrebbe continuare. Oggi le speranze portano i nomi di Stefano Sorrentino, Franco Vazquez e Alberto Gilardino.
Se Palermo-Atalanta fu la gara delle componenti che mancavano, Palermo-Verona le ritrova tutte. Con quel pizzico di esagerazione che da sempre contraddistingue una città votata agli eccessi, a cui non si riesce proprio a rinunciare. Via Alcide De Gasperi e il conseguente piazzale pullulano di bancarelle, i bar e le tavole calde propongono come unico argomento il pronostico di turno con tanto di marcatori. Nelle traverse è un confronto continuo tra chi trova e chi cerca parcheggio, mentre qualcuno solleva l’annosa polemica su una possibile area parking esclusivamente dedicata a chi va ad assistere alle gare allo stadio. In tanti, anzi in tantissimi, con qualcosa di rosa addosso: maglie soprattutto. Si rivedono i bambini e le famiglie. I prezzi bassi e le promozioni garantite dal club di viale del Fante hanno colpito nel segno.
Man mano che ci si avvicina all’impianto, un miscuglio di accenti autoctoni, e non solo, fa da contorno al via vai di gente che sembra inseguire qualcosa. Si corre, si va veloce. Ma c’è anche chi sa come gustarsi l’attesa. Fermo con una bottiglia di birra in una mano e un panino imbottito nell’altra. Panelle e crocchè, patatine fritte, hamburger, porchetta, persino vegetariano: i venditori ambulanti propongono alternative senza fare distinzioni. Il calcio e il fiuto per gli affari riescono a unire chi non rinuncia alla carne e chi si affida a uno stile alimentare veg. Si arriva al prefiltraggio: gli steward controllano biglietti e documenti, le forze dell’ordine ispezionano borse, zaini e qualche giacca. Nessuna protesta: le regole sono regole e non si fa fatica a rispettarle. Si arriva ai varchi d’ingresso, si superano i tornelli e si entra. Palermo-Verona può cominciare.
I tifosi sentono la gara. Vogliono gioire, vogliono difendere la Serie A a tutti i costi. Marcello se la prende con chi riempie occasionalmente il “Barbera”: “Oggi è troppo semplice venire allo stadio, il vero tifoso è quello che sostiene i nostri colori con la neve, con la pioggia e col freddo”. Non è dello stesso avviso Andrea: “Se il Palermo non offre uno spettacolo di Serie A non si può pretendere di riempire lo stadio. Quando serve, la tifoseria sa rispondere presente”. Salvatore punta sull’effetto famiglia per dare una mano al Palermo: “Ho coinvolto mio padre che non veniva allo stadio dai tempi di Zauli e Corini. Mia moglie e mio figlio sono una novità ma oggi è una giornata importante e li ho convinti a venire con noi”.
Dentro è una bolgia. Si parte. Segna Vazquez, la gente piange. Piange, proprio così. Morganella perde la testa e si torna a soffrire. L’intervallo è in una sola, significativa, domanda: “Il Carpi che fa?”. Il Carpi vince. Inizia la ripresa, Viviani – che rifiutò il rosanero in una notte di mezza estate – pareggia. Si trema, la B fa capolino nelle menti di giocatori, staff e tifosi. Tre minuti di inferno, poi spunta la pelata di Maresca: il Palermo è nuovamente avanti. L’entusiasmo cresce e porta al 3-1 di Gilardino. Sembra fatta e invece a cinque minuti dal termine un ex dal dente avvelenato, spesso fischiato quando portava l’aquila dorata sul petto, riapre tutto. Eros Pisano sigla il 3-2, la paura fa novanta. Minuti di gioco. Quattro di recupero, c’è lo spazio per la standing ovation a Franco Vazquez, al passo d’addio. Poi, finalmente, Irrati fischia la fine: Palermo è ancora in Serie A. Ancora lacrime, questa volta a dirotto. Per allontanare un incubo. Sarà una notte dolce, sarà un’estate dolcissima, sarà ancora una volta un campionato tra le grandi. Giusto così. Senza alcun dubbio.
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15 Maggio 2016, 19:30