Volantini, ora parlano le donne: "Violenza e Revenge porn"

Volantini, ora parlano le donne: “Violenza e Revenge porn”

Una storia di violenza. Ora parlano le donne. Di una donna ferita.

“Pensiamoci un attimo. Se in quel volantino il protagonista fosse stato un uomo, se la scritta fosse stata ‘un uomo e le sue amanti’, cosa sarebbe cambiato nella percezione di troppi? Probabilmente tutto. Perché la donna al centro di illazioni sessuali viene considerata comunque colpevole, l’uomo, invece, nello stesso orrendo pettegolezzo, avrebbe l’alloro del conquistatore, del tombeur de femmes“. Giorgia Butera, presidente dell’associazione Mete Onlus, molto impegnata contro la violenza, centra il punto. Quell’osceno manifesto, di cui tutti sanno tutto, apparso in via Sammartino, a Palermo, è un atto di violenza soprattutto contro una donna. Perché, oltre al saccheggio della privacy, ammicca, in modo sporco, a stereotipi duri a morire.

“Si tratta, secondo me, di Revenge porn – dice Giorgia – anche se non c’è l’esposizione di un corpo nudo. E’ una umiliazione a sfondo sessuale, un’offesa, nell’immaginario. Chi può essere stato? Chiunque. Ma ormai sappiamo, per il lavoro che svogliamo sul campo, che anche le donne possono attaccare le donne con una forma di aggressione più sottile e non per questo meno terribile. Io sono molto preoccupata per l’effetto emulazione. Se una cosa del genere succede una volta, può succedere ancora”.

Ed è sacrosanto che adesso parlino proprio le donne che costruiscono ogni giorno una prospettiva migliore. Che dicano ciò che pensano circa la violenza che riguarda, soprattutto, una donna, la vittima principale della storia. L’abbiamo raccontata così, fin dal primo momento, rifuggendo ogni minimizzazione. Avverte il professore Daniele La Barbera, psichiatra: “La signora ha escluso l’ex marito, ma, dando per scontato che non sia stato lui, questa mi pare la vendetta di un uomo che ha subito un rifiuto di qualche tipo. Qualcuno potenzialmente pericoloso, colto dalla sua rabbia narcisistica, che vuole vendicarsi e che potrebbe fare del male perfino fisicamente”. Quale che sia il volto dell’autore o dell’autrice, incombe un senso cupo di minaccia.

Daniela Crimi, preside del liceo linguistico ‘Cassarà’, incalza: “Una donna, in casi del genere, è sempre in una posizione di debolezza, specialmente per un evento tanto atroce. Come se l’avessero additata alla stregua di un mostro, della colpevole. Non ho visto il volantino, non so chi siano i protagonisti a cui va tutta la mia solidarietà, perché sono vittime, come potrebbe esserlo ognuno di noi. Spero che si scopra chi è stato e che venga sanzionato severamente per una violenza inconcepibile”.

Anna Ponente, psicoterapeuta, direttrice del Centro Diaconale della Chiesa Valdese, offre il suo contributo: “Quello che è successo rivela che tutto il lavoro delle campagne di sensibilizzazione non è sufficiente, perché si rende necessario un investimento maggiore, su temi così importanti, nelle scuola e nel territorio. La barbarie di certi stereotipi è trasversale rispetto a qualunque condizione sociale e trae la sua forza da un codice primitivo che si riferisce a una idea deteriore della donna, perfino nel 2023. Si deve operare meglio e con maggiori risorse”.

Siamo nel 2023, sottolinea Anna Ponente. Ma è come essere seduti, ancora, ai tavolini del bar in bianco e nero di ‘Sedotta e abbandonata’, di cui abbiamo scritto, nell’epicentro di una trama malevola e crudele. Che nessuno può sottovalutare. (Roberto Puglisi) – Nella foto, da sinistra: Anna Ponente, Daniela Crimi, Giorgia Butera


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