Cronaca

“Palermo, Wojtyla, il Covid”: la storia d’amore di Agnieskza

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07 Febbraio 2021, 06:07

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PALERMO- La dottoressa Agnieszka Niska è andata in pensione lo scorso primo febbraio. Andare in pensione è una cosa abbastanza normale, ma la sua storia va raccontata perché sono tanti quelli che le vogliono bene e che le stanno tributando un omaggio affettuoso al pronto soccorso pediatrico ‘Villa Sofia-Cervello’. E anche perché la dottoressa Niska ha una vicenda personale vivida e forte come un film, cioè come la vita, in fondo. E’ nata in Polonia, a Janowo, sessantatré anni fa ed è approdata a Palermo per una meccanica antica e nuova che, dopo tantissimo tempo dal suo esordio, non smette di funzionare. Si chiama amore. Ecco le parole che lo descrivono.

L’incontro con Papa Wojtyla

“Sono nata nel Nordest della Polonia, in una zona di laghi e di boschi, un paesaggio incantato. Ho studiato Medicina vicino alla frontiera russa. Avevo ventitré anni ed ero a Roma, per uno scambio culturale, quando nel mio paese fu imposta la legge marziale. Sono tornata a casa, ricordo che mio padre ci venne a prendere con la slitta, perché era inverno. Papà era un comunista e una persona libera, un credente, un cristiano modello e non approvava la violenza perché, diceva, non porta niente di buono. Ho conosciuto Papa Wojtyla, a Roma. Un uomo dritto, che camminava tranquillo, allora, senza scorta. Quando è venuto in Sicilia ci ha ricevuto in udienza privata e ha dato la mano a mio marito che stava in disparte, per timidezza. Non lo dimenticherò mai. Le mie tre figlie per l’emozione non hanno saputo rispondere a una sua domanda in polacco. Volevo sprofondare per l’imbarazzo”.

L’amore a Palermo

“Sono arrivata a Palermo, per un altro scambio culturale, ancora non sapevo che sarei rimasta per sempre. Conobbi mio marito, un ragazzo meraviglioso, di trentotto anni, responsabile del pensionato universitario. Mi sono divertita, come è normale. Sole, mare, Mondello…. Mi mandava dei fiori che non entravano nel vaso, per quanti erano. E quante telefonate con l’estero in cui spendeva un sacco di soldi! Ci siamo sposati. E sono nate te splendide figlie. L’amore mi ha trattenuta qui ed è stata una delle scelte più felici della mia vita. Ho cominciato la specializzazione all’Ospedale dei bambini, con il nostro grande maestro, il professore Giuseppe Cascio, poi mi sono occupata anche di malati di Aids alla Casa del sole. Ho visto morire tanti giovani. Infine, dopo un passaggio all’Aiuto materno, sono arrivata al pronto soccorso pediatrico dell’ospedale ‘Cervello’ che, adesso, è a Villa Sofia per il Covid”.

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Il dolore il Covid

“Il dolore è tutto tremendo, ma io sono una mamma e sono una persona fragile ed emotiva, per cui ho guardato i bambini, appunto, con gli occhi di una mamma. Non è semplice comunicare una diagnosi infausta, E’ una fase complicata per il Covid. La gente non viene al pronto soccorso per paura. Sono tante le cose che non potrò dimenticare. Ho sempre davanti agli occhi lo sguardo di un bellissimo ragazzo in overdose, di parecchi anni fa. Tentammo di tutto e non riuscimmo a salvarlo. Sono in pensione perché mia mamma, in Polonia, non sta bene e perché ho tre figlie sparse per il mondo. Voglio aiutarle e sostenerle. Poi, una volta finita la pandemia, cercherò di fare qualcosa di buono per gli altri”.

Così è la dottoressa Niska, che si chiede cosa potrà fare ancora di buono, dopo tutto quello che ha fatto, che chiama fragilità la sua forza e che ha dovuto dire addio all’uomo che amava. Ma ogni cosa si incastra a perfezione nel viaggio, nei ritorni e nelle partenze, quando ci sono mani che salutano e occhi lucidi, nella vita che somiglia a un film. Niente finisce.
Come scrisse una immensa poetessa e sua conterranea proprio sull’amore: “Vi furono maniglie e campanelli in cui anzitempo un tocco si posava sopra un tocco. Valigie accostare nel deposito bagagli. Una notte, forse, lo stesso sogno subito confuso al risveglio. Ogni inizio infatti è solo un seguito e il libro degli eventi è sempre aperto a metà”.

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07 Febbraio 2021, 06:07

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