29 Ottobre 2020, 06:12
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PALERMO – Rigidi adeguamenti anti-Covid, cali di fatturato, esiti dei controlli confortanti: nulla è riuscito a sottrarre le palestre alla batosta dell’ultimo Dpcm, che ne ha disposto la chiusura almeno fino al 24 novembre dopo una settimana da ‘osservate speciali’. Nei protagonisti del mondo del fitness albergano rabbia e paura, che li hanno accompagnati nei giorni precedenti alla chiusura e lo fanno ancora adesso. Non è bastato neanche l’annuncio del nuovo decreto sui ristori economici: il governo ha promesso aiuti celeri, ma già i titolari e i dipendenti delle palestre li considerano insufficienti. Così l’ipotesi della chiusura a tempo indeterminato resta dietro l’angolo.
Fra le categorie oggetto del Decreto ristori non potevano mancare le palestre. Il provvedimento prevede un contributo a fondo perduto del doppio rispetto a quello erogato col Decreto rilancio, 800 euro per ogni collaboratore sportivo e un credito di imposta del 60 per cento sulle locazioni per tre mesi, insieme alla proroga dei versamenti contributivi. Il decreto inoltre riserva cento milioni di euro in più al credito sportivo.
Sono le parole che usa Giorgio Trupiano, titolare della Body Studio, per definire i giorni sotto la lente del governo. “Sette controlli in 72 ore, tutti andati bene, ma in un clima di terrore. Un inferno sotto questo aspetto ma anche dal punto di vista delle iscrizioni, perché date le premesse del governo abbiamo lavorato pochissimo”. Trupiano è scettico sugli aiuti economici promessi: il Decreto rilancio gli aveva permesso di accedere a un fondo perduto da quattromila euro, “una goccia nel mare”, quindi attende di “capire meglio alcuni aspetti tecnici per sapere a cosa si va incontro. Ma non vogliamo mollare – aggiunge – perciò abbiamo trasferito le nostre attività nel perimetro delle Ancelle, in via Marchese Ugo, per svolgere allenamenti all’aperto. Nuove spese anche lì: solo la copertura per proteggere clienti e macchinari costa 1.800 euro al mese. Insomma, non è un caso che alcune palestre non riapriranno più”.
Francesco Tullio è l’amministratore delegato della palestra Performance Functional Lab, che ‘a pieno regime’ conta circa milleduecento iscritti all’anno e dodici lavoratori. “Tutto ciò si è dimezzato – rileva – e quella settimana non è servita a null’altro se non a creare terrorismo mediatico”. Tullio, che è anche avvocato, racconta che “a togliermi il sonno non erano le pratiche legali ma la paura dei controlli. Poi però ho ricevuto i complimenti dalle forze dell’ordine, ma d’altronde tutti gli accorgimenti presi in questi mesi ci hanno messi in condizioni di lavorare quasi come una sala operatoria”.
“Che faremo adesso? Non lo so – ammette Tullio –. La prima strada sarebbe riaprire a Dpcm scaduto, leccandoci le ferite, ma se le cose si protraessero oltre questo mese potremmo anche arrivare a una conclusione molto complicata. Le mie perdite superano già i centomila euro, ma a fine anno potrebbero superare i duecentomila. Se pensiamo che finora l’unico contributo ricevuto come azienda ammonta a 800 euro… A quel punto non so che valutazione si possa fare sulla sopravvivenza”.
“Una beffa”, commenta senza giri di parole Francesco Domina del Sirius Fitness Club. “Ci hanno stressato una settimana, aumentando al massimo il livello di attenzione e controlli sul settore fitness. Personalmente l’ultima è arrivata martedì, da parte dei Nas e dell’Ispettorato del lavoro, e si è conclusa con esiti favorevoli per l’azienda”. Domina ricorda che “l’ordinanza regionale del presidente della Regione Nello Musumeci ci garantiva di lavorare dalle 8 alle 20, ma il Dpcm ci obbliga ad abbassare nuovamente la saracinesca. Sono molto amareggiato, perché è stato ampiamente dimostrato che i centri sportivi sono luoghi sicuri”. Anche il titolare della Sirius resta cauto sul nuovo decreto, ricordando che “l’ultimo contributo a fondo perduto è stato di circa mille euro per quasi tre mesi di chiusura. Una cifra sicuramente non sufficiente per far fronte alle spese fisse”.
La protesta coinvolge anche chi solitamente mantiene un basso profilo. Come Francesco Provito, uno dei responsabili delle palestre Grin Club: “Ci tengo a precisare che non abbiamo mai protestato, ma stavolta è diverso – dice – visto che persino il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, non era d’accordo con le chiusure generalizzate. Aggiungiamoci il paradosso: giovedì scorso sono arrivate delle nuove linee guida del governo, ovvero altre spese per adeguarsi alle norme, e per cosa? Per chiudere domenica. Che sia tutto fuori da ogni logica mi sembra chiaro”.
Anche Provito parla di “presa in giro palese: dal 25 maggio a ottobre abbiamo ricevuto due controlli al massimo; poi è arrivata la famosa settimana di prova e ci sono capitate anche due ispezioni in un giorno. Tutte favorevoli”. Molta la sfiducia anche riguardo ai ristori: “Se raddoppi quel poco, è chiaro che resti comunque poco. Io dico solo che spendiamo cinquemila euro al mese solo di sanificante e prodotti per la pulizia, e in tre mesi di chiusura abbiamo sommato affitti per decine di migliaia di euro. La cifra che ci spetterebbe non potrebbe coprirli nemmeno per un terzo”.
Germano Bondì, presidente dell’Anif Sicilia, associazione di categoria affiliata a Confindustria, ripercorre la storia recente: “Da marzo alla prima riapertura abbiamo garantito ai clienti di recuperare 75 giorni di chiusura, che significano centocinquanta giorni di mancato incasso. Poi la riapertura dopo un’estate praticamente ferma, adeguando le strutture e rispettando le restrizioni, per ricevere cosa? Un ‘cartellino giallo’ da Conte e un’altra chiusura”. Anche Bondì pone l’accento sui controlli: “Quattro negli ultimi giorni solo nelle mie strutture, quelle del gruppo Oxygen. Tutti conclusi bene come nel 99 per cento dei casi in Italia, stando ai carabinieri del Nas. Gli untori del Paese saremmo noi? Proprio noi che vigilavamo sull’utenza, che ora invece finirà per allenarsi in autonomia nei parchi senza i nostri controlli?”.
Il presidente regionale dell’Anif rileva che per le palestre “si è arrivati al disastro, con ‘aiuti’ che si estinguerebbero nel giro di un mese. Quando ci parleranno di riapertura il 24 novembre, non ci fideremo più”. Poi conclude con un monito rivolto alle istituzioni regionali, su cui l’Anif punta molto: “Abbiamo collaborato alla stesura di un disegno di legge in collaborazione con la presidenza dell’Assemblea regionale siciliana e dell’assessorato regionale allo Sport – spiega – prendendo atto della sensibilità del presidente Gianfranco Micciché e successivamente dell’assessore Manlio Messina. Chiediamo che questo disegno di legge sia approvato prima possibile, perché in Sicilia otto centri sportivi su dieci rischiano di chiudere”.
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