Cronaca

“Papà, non mollare”, così Vitus ha ritrovato suo figlio Lion in Sicilia

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02 Settembre 2024, 06:15

6 min di lettura

Tony Gentile è un grande fotografo di fama internazionale. La foto simbolica che ritrae Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è sua. Ha scelto di raccontare la storia toccante di un ritrovamento per LiveSicilia.it. E speriamo che sia soltanto la prima.

Per alcuni esiste il caso, per altri si tratta di incredibili coincidenze, per altri ancora, quelli con maggiore propensione alla spiritualità, si tratta della provvidenza.

Quante possibilità pensate che esistano per un signore tedesco di venire in Italia per una vacanza studio e, a casa della propria insegnante di italiano, trovare la chiave di volta dei suoi progetti e dei suoi sogni, incontrando le persone che da lì a pochi mesi avrebbero fattivamente contribuito a mettere in atto il suo progetto agognato da anni e che sembrava quasi impossibile da realizzare?

La storia che sto per raccontarvi è una storia piena di amore, di dolore, di amicizia, di incredibili coincidenze e di grandissima spiritualità. Una storia scritta da uno sceneggiatore molto bravo, di quelli che vedono anche dove l’uomo normalmente non riesce vedere.

Il protagonista di questa storia si chiama Vitus. Lui è un settantenne tedesco, bavarese più precisamente e in quanto tale particolarmente amante della birra. È uno psichiatra molto apprezzato nel suo territorio e anche una bella persona con cui scambiare due chiacchiere sulla vita e i suoi svariati risvolti.

Cooprotagonista è Mary un’insegnante, anche lei molto apprezzata dai suoi studenti di tutte le età. Sì, di tutte le età, perché Mary oltre che insegnare l’Inglese agli adolescenti delle scuole medie insegna abitualmente anche Italiano a studenti stranieri.

Mary è di Palermo ma, da quando era molto giovane, ha sempre vissuto nella casa di campagna situata a Bolognetta, nelle colline a sud di Palermo. Da oltre vent’anni vive e lavora nella città eterna, a Roma, e saltuariamente ospita a casa propria stranieri che vogliono imparare o migliorare le loro conoscenze della lingua italiana. Tutto comincia a maggio scorso quando Mary ospita Vitus a casa propria, a Roma, per una settimana di vacanza studio.

Il primo approccio non è bellissimo. Vitus è una persona distinta ma un po’ chiusa che non sembra molto disposta all’accoglienza tipica siciliana.

Una sera, a cena, in compagnia di Tony e Alessandro, rispettivamente il marito e il figlio di Mary, per cercare di fare sciogliere l’ospite tra le tante domande viene fuori quella tipica del siciliano emigrato e orgoglioso della sua terra: “Vitus, sei mai stato in Sicilia? Dove?”

Vitus risponde in modo molto dettagliato: “Sì, sono stato a Corleone, Ficuzza, Godrano” “Godrano? Ma è a due passi dalla mia casa di campagna? Che ci facevi a Godrano? A caccia di formaggi e ricotta? Conosco un sacco di gente da quelle parti”, risponde prontamente Mary.

Qui entrano in gioco le prime strane casualità. Su quasi 60 milioni di italiani e poco meno di 3 milioni di Romani, quante possibilità ci sono che uno straniero finisca a casa di una persona che conosce molto bene quei luoghi sperduti nei boschi siciliani che lui ha visitato? Poche, ve lo dico io.

A quel punto però Vitus, come se non aspettasse altro che questo momento, si scioglie e comincia a raccontare la storia del suo viaggio in Sicilia, a Rocca Busambra.

Nel 2006 Vitus e suo figlio Lion, allora quattordicenne, avevano fatto un viaggio in Sicilia. Lion era appassionato di storie di mafia e insieme al padre avevano letto molto su questo tema. Dopo il classico passaggio da Corleone decidono di fare una gita nel bosco della Ficuzza, all’ombra della Rocca Busambra dove avevano letto di alcuni cimiteri della mafia. Lasciano la loro automobile nei pressi del rifugio Alpe Cucco e si addentrano a piedi nel bosco.

A un certo punto, come succede a chi non è esperto di quei luoghi impervi, non riescono più a trovare la strada del ritorno e cominciano a vagare senza meta, perdendo l’orientamento. Vitus entra nel panico, si sente responsabile di avere messo in difficoltà il giovane figlio, ma Lion con una forza straordinaria non si perde d’animo, anzi cerca di dare coraggio al padre dicendogli: “Papà, non mollare, non mollare, ce la faremo”.

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Ad un tratto, quando la notte è sempre più vicina e il buio del bosco è sempre più minaccioso, in lontananza vedono delle piccole luci e aiutandosi con le silhouette degli alberi cercano di avvicinarsi a quel punto che era la loro unica possibilità di salvezza.

Si stavano avvicinando sempre di più a una pizzeria che stava ai margini del bosco e che per fortuna era ancora aperta. Era la pizzeria Santa Lucia di Mezzojuso. Arrivati lì, non parlando italiano, cercano di farsi comprendere dal proprietario del ristorante, Vito, il quale dopo averli rifocillati li riporta là dove avevano lasciato l’automobile e poi li guida fino a un piccolo albergo nei pressi del paesino di Ficuzza.

Fino a qui niente di particolarmente straordinario, un incidente di due persone che un po’ disorganizzate cercano di portare a termine un viaggio avventuroso in un luogo che non conoscono. Penso che storie di questo tipo ce ne siano a migliaia.

Ma il racconto di Vitus non è ancora finito. Il tempo passa e Leon, poco prima di compiere 20 anni, un giorno si toglie la vita.

Adesso che Vitus ha finito di raccontare questa incredibile storia mi appare un po’ più chiaro quel carattere chiuso di chi porta dentro un macigno di dolore.

Ma Vitus è anche un uomo tenace e ha in testa un progetto. Vuole tornare nei luoghi dove lui si è perso e dove Lion, quel lontano giorno del 2006, gli ha dato coraggio, dove il suo unico figlio gli ha dato la speranza. Nutre questo desiderio da anni, ma non parla italiano e non conosce le persone sul luogo. Per questo decide di fare un corso di lingua italiana e per questo finisce a casa di Mary.

Mary invece conosce molte persone in quella zona e si attiva immediatamente per cercare di dargli una mano per organizzare tutto. Per prima cosa grazie a un veloce giro di telefonate lo mette in contatto con Vito, il proprietario della pizzeria che li aveva salvati. Poi nell’arco di poche settimane mette a punto un programma preciso.

Grazie a Maria, la sua carissima amica di Marineo, riescono ad ottenere tutte le autorizzazioni per installare un piccolo memoriale che ricorderà per sempre Lion e quei brutti momenti vissuti con il padre in quel bosco. Tutto è accaduto il 20 agosto scorso.

Arrivano tutti puntuali all’appuntamento a Marineo per recarsi nel punto esatto dove installare il memoriale. Un punto preciso del bosco, in prossimità di Mezzojuso.

C’è Vitus, Mary con Alessandro e Tony, Maria con la figlia Carmen, Paolo che ha lavorato per ottenere tutti i permessi, don Matteo, il sacerdote di Marineo e alcuni operai della Forestale che devono installare il memoriale.

Ma a tratti sembra esserci anche un’altra presenza, una presenza invisibile ma che si fa sentire. Più volte, infatti, quando durante la preghiera il sacerdote cita il nome di Lion un alito di vento smuove il folto fogliame degli alberi. Come se l’eco delle sue parole di incoraggiamento al padre urlate quella notte fosse rimasta imprigionata tra le foglie del bosco.

Tra una preghiera, un pianto di commozione e un soffio di vento la cerimonia si è conclusa e da oggi il viandante che passerà per quel punto del bosco potrà conoscere la storia di un giovane tedesco e le parole che Vitus ha voluto dedicargli.

“Mio caro figlio, quando nel 2006 ci perdemmo su Rocca Busambra fui vicino alla disperazione. Ricordo le tue parole in quel momento, PAPÀ NON MOLLARE. Queste stesse parole mi hanno aiutato a non arrendermi nelle ore più buie dopo la tua morte. Tuo padre”.

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02 Settembre 2024, 06:15

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