PALERMO – Storie di mafia e droga. Di cocaina che arriva dalla Calabria per inondare le piazze palermitane. Ma anche storie di favori fra boss. Vincenzo Petrocciani, neo pentito del rione Brancaccio, può aggiungere dettagli decisivi su vicende già emerse e svelarne di nuovi.
Il pentito di Brancaccio e il processo
Le sue dichiarazioni dovrebbero innanzitutto essere acquisite nel processo di appello che lo vede imputato assieme ad altre 29 persone. Molte posizioni potrebbero aggravarsi. Secondo l’accusa, Pietro Paolo Garofalo e Petrocciani (sono stati condannati rispettivamente a 16 e 11 anni) si erano messi a disposizione di Antonio Lo Nigro, soprannominato ‘Ciolla’ (ha avuto 13 anni), “per imbastire un corposo traffico di stupefacenti”.
I Lo Nigro
Lo Nigro è stato l’uomo di fiducia di Andrea Adamo, reggente di Brancaccio, arrestato insieme a Salvatore e Sandro Lo Piccolo, nel covo di Giardinello. Ed è anche nipote di Piero e Francesco Lo Nigro, personaggi di spicco negli anni ’60 quando i soldi si facevano con il contrabbando di sigarette. Sua nonna è Agata Tagliavia, sorella di Pietro Tagliavia, boss storico della famiglia di Corso dei Mille che fa parte del mandamento di Brancaccio. Il cugino Cosimo, ergastolano, fu incaricato di procurare l’esplosivo per la strage di Capaci e fece parte del commando che uccise don Pino Puglisi.
Gli affari della droga
Il pentimento di Petrocciani potrebbe svelare il ruolo di altri componenti della famiglia di Antonino Lo Nigro. Di quest’ultimo l’ex capomafia di Belmonte Mezzagno, Filippo Bisconti, divenuto collaboratore di giustizia, ha detto: a Palermo la droga “arriva solo e soltanto se lo sa Cosa Nostra. Quelli che possono comprare grossi quantitativi a Palermo non sono in tanti, uno di questi è Tonino Lo Nigro”.
Petrocciani conosce i nomi degli acquirenti ma anche dei grossisti della droga. Una volta è stato intercettato mentre raccontava di avere consegnato 117 mila euro a un fornitore e ne servivano altri 167 mila per saldare il conto. Era nato un cartello della droga fra Porta Nuova, Tommaso Natale e Brancaccio.
Garofalo e Petrocciani dicevano di avere “tutte cose scritte”, riferendosi ai conteggi della droga. Dove sono i libri contabili? Droga che nel 2020 sarebbe stata pure conservata all’interno dell’ospedale Civico dove Garofalo, ex Pip, lavorava. Quando dovevano fissare un appuntamento facevano riferimento ad una “ricetta da prenotare”.
Un favore al boss di Porta Nuova
In realtà una volta il riferimento ad una prestazione sanitaria fu reale. Lo Nigro avrebbe chiesto a Pietraccioni di parlare con Garofalo per una visita a cui doveva sottoporsi una parente del boss di Porta Nuova, Tommaso Lo Presti, detto ‘il lungo”. “Stiamo parlando direttamente con il dottore”, diceva Garofalo. Stando alle intercettazioni aveva convinto il camice bianco nonostante in quel momento, siamo nel 2020, non facessero visite.
Nel frattempo mandavano avanti gli affari della droga. “lo mi porto la macchina, te la carico, te la metto nel cofano e gli consegno la macchina… ce l’ho dentro l’ospedale”, diceva Garofalo.
Nel 2020 un uomo del gruppo, Maurizio Caiolo, era stato beccato mentre scaricava alcuni scatoloni con mezzo quintale di hashish in un magazzino dell’ospedale dei Bambini all’insaputa di tutti.
Garofalo porta dritto ad altri cognomi. A quello di Antonino Giuliano, uomo d’onore di corso dei Mille e fratello di Giuseppe, soprannominato Folonari. Quest’ultimo lo scorso novembre è stato condannato in appello con un verdetto che ha ribaltato l’assoluzione di primo grado.
Antonino Giuliano è anche genero del boss di Brancaccio, Nino Sacco, di recente scarcerato per fine pena che del mandamento è stato il capo. Un mandamento dove i soldi si fanno con il pizzo, la droga e le scommesse clandestine. Un settore quest’ultimo nell’ambito del quale è maturato l’omicidio del boss emergente Giancarlo Romano sulla cui ascesa potrebbe riferire il nuovo pentito di Brancaccio. Anche Romano era legato alla famiglia Lo Nigro.

