13 Aprile 2011, 19:11
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“Dovevamo appoggiare il Movimento per l’Autonomia di Lombardo, in questo partito era transitato il figlio di Lo Giudice Calogero. L’unico che poteva dare queste indicazioni era Bernardo Provenzano”. Parole del pentito Maurizio Di Gati (nella foto) interrogato dai Pm dell’operazione Iblis a Monza il 18 febbraio 2011. Di Gati esordisce ripercorrendo la sua affiliazione a Cosa Nostra sino a quando, dopo diversi omicidi, “nel 1997 divenni uomo d’onore con il rito della “classica” pungiuta”. Dal 2006 collabora con la Giustizia, in poche paginette ha delineato i rapporti mafia-politica dal 1990 ad oggi.
Inizia col racconto, già agli atti del processo Garibaldi, sui rapporti tra l’organizzazione e alcuni imprenditori: “Io e Vincenzo Licata avemmo diversi incontri con Mirenna, Intelisano Giuseppe e Vincenzo Randazzo (imprenditore ndr) per risolvere la questione e Vincenzo Randazzo fu colui che tenne i rapporti diretti con Castiglione e il suocero”. Chiusi gli anni ’90 Di Gati parla del 2001 quando da rappresentante provinciale di Cosa Nostra per Agrigento si interessò alle elezioni politiche nazionali e regionali. “In sostanza -afferma Di Gati- Cosa Nostra palermitana diede le direttive di fare convergere i voti su Cimino e Cuffaro e sul partito di Forza Italia, oltre che su Lo Giudice Vincenzo, politico di Canicattì. Io feci transitare l’ordine attraverso i capi mandamento e costoro attraverso i responsabili dei singoli paesi…in alcune realtà più povere si era soliti pagare gli elettori con delle somme di denaro che corrispondevano circa a 100 euro ad elettore”.
Poi Di Gati racconta una nuova fase dei rapporti tra mafia e politica, quella relativa ad “un anno e mezzo dopo l’arresto di Lo Giudice Vincenzo” avvenuto nel marzo 2004: siamo tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006. Spiega Di Gati: “Angelo di Bella -all’epoca uomo d’onore e responsabile del mandamento e della famiglia di Canicatti- mi disse che da allora in poi dovevamo appoggiare il Movimento per l’Autonomia di Lombardo e che in questo partito era transitato il figlio di Lo Giudice Calogero. Lo stesso Di Bella mi spiegò che le indicazioni provenivano da Falsone il quale, a sua volta, sicuramente le aveva ricevute da Cosa nostra palermitana. Io venni a conoscenza che nello stesso modo si dovevano comportare anche le province di Palermo e Trapani. L’unico a Palermo che poteva dare indicazioni in tal senso era Bernardo Provenzano”.
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13 Aprile 2011, 19:11