24 Gennaio 2014, 10:04
4 min di lettura
PALERMO – Il futuro di migliaia di lavoratori siciliani, adesso, è un vero e proprio punto interrogativo. L’impugnativa di Carmelo Aronica, infatti, in un colpo solo, ha bloccato il passaggio dei dipendenti delle società partcipate in liquidazione a quelle considerate strategiche dal governo, ha detto “no” alle stabilizzazioni degli oltre 700 Regionali a tempo determinato, ha chiuso persino alla proroga per alcune categorie (lavoratori Cefpas, ex Asi, Camere di Commercio, Enti Parco), ha limitato al solo 2014 i rinnovi per gli ex Pip di emergenza Palermo. Tutte quelle norme, insomma, sono incostituzionali.
E fare specie è soprattutto quella che riguarda le società partecipate. Il secondo comma dell’articolo 23, scrive infatti Aronica, “da un canto pone il divieto alle società partecipate della Regione di effettuare nuove assunzioni di personale e, dall’altro, per quelle già poste o da porre in liquidazione, dispone l’attivazione per l’intero organico aziendale delle procedure di licenziamento collettivo di cui alla L. 223/91”. Per intenderci, la norma in questione è quella che ha consentito, ad esempio, la nascita della mega partecipata Servizi ausiliari Sicilia. Una mega-azienda nata dalla fusione dei dipendenti di Multiservizi, Biosphera e Beni culturali spa, oggetto, appunto del licenziamento collettivo e della contestuale riassunzione nella nuova società.
Ma questa volta, il Commissario dello Stato ha voluto dire la sua. “A fronte di tale rigorosa disciplina, immediatamente dopo”, precisa Aronica, quell’articolo “introduce una deroga al divieto di assunzione in base alla quale le Società pubbliche regionali, come ridefinite dal processo di razionalizzazione, possono assumere personale già ‘in servizio effettivo alla data del 31 dicembre 2009’ presso le società poste in liquidazione e già destinatarie delle procedure di licenziamento per cessazione di attività”. Un meccanismo che violerebbe l’articolo 97 della Costituzione sotto diversi punti di vista. Intanto perché l’assunzione verrebbe compiuta “senza esperimento di selezioni pubbliche di personale di cui non sono ben chiare, stante l’ambigua locuzione ‘servizio effettivo’, le modalità, i criteri di selezione e il rapporto giuridico preesistente che potrebbe, in ipotesi, essere stato costituito anche in violazione del divieto di assunzione imposto da precedenti leggi regionali”.
Inoltre, “il personale così immesso nelle dotazioni organiche delle società sopravvissute al riordino potrebbe non avere requisiti professionali adeguati, necessari per l’espletamento dei servizi svolti dalle società in house, e non garantirebbe il criterio di imparzialità e trasparenza delle selezioni pubbliche”. Incostituzionale anche la prevista mobilità dalle partecipate all’Arpa: si tratterebbe di un illegittimo trasferimento di esterni in un ente pubblico. Le norme in questione invece non dovrebbero avere riflessi nei confronti dei 76 assunti di Sicilia e-Servizi. Almeno stando alle parole del commissario liquidatore Ingroia: “Già la legge del 2010 apriva uno spiraglio per situazioni come queste, cioè di lavoratori assunti in seguito a un bando pubblico”.
Ma l’impugnativa avrà riflessi anche nei confronti della costellazione di precari che ruota attorno alla Regione. Mentre nel pacchetto riguardante i precari degli enti locali, nonostante l’impianto abbia retto, il Commissario è intervenuto con alcune “bacchettate”. Al comma 13 dell’articolo 30, ad esempio, il testo prevedeva che, fino al 2016, restassero in vigore le norme di due leggi regionali del ’93 e del ’94. Leggi che prevedevano che i concorsi pubblici siano soltanto per titoli. Una norma superata, spiega il Commissario dello Stato.
Bocciata invece la stabilizzazione dei precari della Regione (errata la previsione di nuovi concorsi, per di più senza prevedere la riserva del 50% rivolta all’esterno) e la proroga di alcune categorie di lavoratori a tempo determinato. Si tratta dei dipendenti di Cefpas, Camera di Cammercio, ex consorzi Asi, oltre a quelli di Protezione civile e che fanno capo ai dipartimenti Ambiente, Territorio, Acque e rifiuti.
Il comma 7, in particolare, impugnato dal Commissario “dispone la proroga fino al 31 dicembre 2016 di contratti di lavoro a tempo determinato già cessati nel 2012 e come tali non più suscettibili di nuova costituzione e prosecuzione triennale”. Ma non solo: “La disposizione – scrive Aronica – travisa la “ratio” del D.L. 101/2013 e di tutta la normativa statale in materia di precariato, in quanto favorisce la formazione e il consolidamento di situazioni pregresse di lavoro a tempo determinato senza valutare preventivamente le effettive esigenze degli enti presso i quali dovrebbero essere avviate le procedure di stabilizzazione e la compatibilità finanziaria degli stessi apparendo piuttosto volta a tutelare le aspettative di una ristretta cerchia di beneficiari. La disposizione è altresì censurabile sotto il profilo della copertura finanziaria”.
Cassato anche l’articolo che dispone la decorrenza del primo gennaio 2014 delle proroghe. “La decorrenza dell’eventuale proroga – scrive Aronica – è rimessa agli Enti utilizzatori del personale a tempo determinato che avranno cura di verificare la sussistenza o meno dei presupposti per ricorrere alla prosecuzione dell’utilizzo del personale precario”. Bocciata anche la previsione degli stanziamenti di 4 milioni ad integrazione delle spese per il 2014 e le proroghe degli ex Pip per il 2015 e il 2016. Per loro, la certezza del lavoro riguarda, al momento, solo l’anno in corso.
Pubblicato il
24 Gennaio 2014, 10:04