Dopo il voto Partigiani all’attacco | “Il Pd? Mai così male dal 1992”

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06 Marzo 2018, 13:34

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PALERMO – “Non è più tempo di guerre, la guerra l’hanno fatta gli elettori”: i Partigiani del Partito democratico Antonio Rubino, Carmelo Greco e Antonio Ferrante denunciano in una conferenza stampa i risultati deludenti del Pd in Sicilia al voto del 4 marzo e chiedono un passo indietro di tutto il gruppo dirigente. “Per trovare un dato più basso del Pd in Sicilia dobbiamo arrivare al 1992, quando c’era un simbolo con falce e martello – dice Antonio Rubino. – Oggi si dovrebbe fare come abbiamo fatto noi un mese fa, rimettere il mandato e ripartire dai territori. Dobbiamo riannodare il legame sentimentale con la nostra gente”.

L’analisi parte dai numeri ottenuti dal partito nelle ultime tornate elettorali: “Si deve andare davvero lontano per trovare un risultato come quello di oggi – dice Rubino, che parla anche a nome degli altri Partigiani – la pessima prestazione del partito si vede anche nel numero degli eletti: da 25 eletti tra Camera e Senato nel 2013 siamo passati ai 6 di oggi. Nel 2013 alla Camera abbiamo avuto il premio di maggioranza, ma anche togliendo i 4 deputati ricevuti in più avevamo un gruppo parlamentare 4 volte grande”. Un tracollo che riguarda anche le elezioni regionali, rispetto alle quali il Pd ha perso dieci punti, e che ha delle ragioni politiche: “In questi anni in cui ha prevalso il modello della rottamazione – dice Rubino – ci è stato spiegato che le forze politiche che avevano dato vita al Pd non erano adatte a dare vita a una cultura di governo, e dunque bisognava aprirai ad altri elementi. “È chiaro che quel modello non ha funzionato, che quelle alleanze non sono piaciute ai nostri elettori”.

“Siamo diventati un soggetti indistinti, non siamo più un punto di riferimento della società – spiega Rubino – non abbiamo un profilo sociale né politico, non siamo di destra né di sinistra, volendo parlare a tutti non abbiamo parlato a nessuno. Penso che tutta la classe dirigente del Pd debba fare quello che abbiamo fatto noi un mese fa: rimettere il mandato e permettere una rigenerazione dal basso”. Rubino mette in guardia dal pericolo di rese dei conti all’interno del partito: “Ieri abbiamo sentito nella conferenza stampa di Matteo Renzi una voglia di rivalsa che non ci convince. Non vorremmo che Renzi facesse come D’Alema. Vogliamo passare da una gestione verticistica a una collegiale. Lo dico soprattutto a chi ha lasciato il Pd per approdare ad altre formazioni – è l’appello di Rubino – a loro dico di tornare a casa: siamo nati per rappresentare il centrosinistra, e questo dobbiamo tornare a essere. Siamo la disponibilità fin da subito a essere protagonisti della fase di rigenerazione del Pd”.

Una rigenerazione che passa anche da un ruolo di opposizione: “Gli elettori ci hanno chiamato a svolgere una funzione precisa – dice Rubino – quella di opposizione delle forze politiche che hanno prevalso in queste elezioni. Faremmo un errore se pensassimo di capovolgere nelle istituzioni quel risultato. Questo vale a Roma come in Sicilia: da oggi l’opposizione a Musumeci deve essere chiara. Siamo di fronte al cuffarismo senza Cuffaro, e noi non saremmo credibili come forza di governo se non svolgessimo il compito di opposizione che ci è stato affidato. Dobbiamo mettere in discussione noi stessi per riannodare il legame sentimentale con un blocco sociale esteso. Non possiamo essere il partito di tutti, dobbiamo essere un partito di sinistra”. E sulla prestazione dei candidati esterni al Pd, entrati per attrarre consensi: “Abbiamo scontato una logica di scelta dei candidati che non provenivano dal territorio. Ma un candidato può venire dal territorio anche senza rappresentare una comunità politica e sociale di un territorio. Su Leoluca Orlando, entrato nel Partito democratico alla vigilia delle elezioni, penso che la sua scelta di entrare nel Pd è un arricchimento, ma il problema è la modalità della scelta. Io chiedo al sindaco di Palermo di mettersi al servizio di tutto il Pd, non solo di una sua parte. Chiedo a lui di fare una mano a questa classe dirigente a diventare protagonista del Pd di domani”.

Aggiornamento 17,20

Antonino Musca ed Elvira Martino

Anche tra giovani democratici si polemizza. “Onestà intellettuale vorrebbe che i cosiddetti partigiani Pd ammettessero di aver contribuito alla sconfitta elettorale del Pd. Prima con l’appoggio incondizionato al governo Crocetta e poi, in tutta la campagna elettorale, giorno dopo giorno, con una azione sistematica sui media tesa ad indebolire il Pd. E mentre noi distribuivano i 100 punti nelle piazze, loro distribuivano comunicati stampa su Internet, gustandosi la sconfitta. È evidente che questa scelta irresponsabile abbia favorito i cinquestelle, abbia creato confusione e malumore tra la nostra gente”. Lo dice Antonino Musca, segretario dei Giovani Democratici di Palermo.

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A Musca ribatte Elvira Martino, componente della segreteria dei giovani democratici: “Le esternazioni del segretario provinciale dei Giovani Democratici, Nino Musca meritano solo una replica: si dimetta e chieda scusa alla giovanile del partito per l’asservimento totale e indiscusso alla corrente di Davide Faraone causa del disastro elettorale”.

 

 

 

 

 

 

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06 Marzo 2018, 13:34

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