Partita la sfida dei renziani | Ma a destra ancora non si sfonda

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16 Novembre 2019, 09:46

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Il cammino di Italia viva in Sicilia parte oggi da Catania. Il movimento di Matteo Renzi si metterà in marcia appresso al suo leader, cominciando con la kermesse di oggi pomeriggio. In marcia, sì, ma verso dove?

C’è un Dna abbastanza evidente nel parterre del renzismo siculo che ha battezzato questa settimana il suo nuovo gruppo parlamentare all’Ars. Un identikit con una forte prevalenza di pezzi dei centrodestra (o magari di centro moderato) convertiti al centrosinistra. E questa non è proprio una novità. La foto di Palazzo dei Normanni parla da sé. C’è Edy Tamajo, palermitano eletto all’altro giro in Grande Sud, il partito di Gianfranco Micciché, centrodestra, poi passato a Sicilia Futura. Come Nicola D’Agostino, già deputato regionale dell’Mpa di Raffaele Lombardo, centrodestra. C’è il recordman di preferenze Luca Sammartino, eletto nella scorsa legislatura nell’Udc. Che però già era alleata in Sicilia con il Pd a sostegno di Rosario Crocetta. In conferenza stampa anche la senatrice Valeria Sudano, viene dal Pd ma fu deputata regionale eletta nel Cantiere Popolare di Saverio Romano, centrodestra. E c’è Giovanni Cafeo: arriva dal Pd, con radici cattoliche democratiche: a Siracusa ha avuto a lungo un legame strettissimo con Gino Foti, democristiano e Grande Vecchio della politica aretusea.

Ma tutti albergavano già da un pezzo dalle parti del Pd. O nei dintorni. Sudano e Sammartino entrarono nel Pd e nel gruppo parlamentare dem da Articolo 4 nella scorsa legislatura con la regia di Davide Faraone, insieme ad Alice Anselmo, Paolo Ruggirello e Raffaele Nicotra. Cafeo era nella corrente degli orfiniani, D’Agostino e Tamajo in questa legislatura sono stati eletti in Sicilia Futura, nella coalizione di centrosinistra. Insomma, al momento la cosa di Renzi non attira forze in uscita dall’altra parte, ma al massimo sfila un po’ di ceto politico nell’area di centrosinistra. Così come fin qui si è visto con rare e poco significative eccezioni a livello nazionale. Più che un concorrente di Forza Italia, Italia viva oggi sembra un concorrente del Pd. D’altro canto l’uscita di Renzi sul progetto di fare al Pd quello che Macron ha fatto ai socialisti francesi, svuotandoli, è una gran bella dichiarazione di guerra. Che soprattutto in un partito malconcio come quello siciliano, senza segretario e con correnti in perenne guerriglia, va tenuta da conto.

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La vera sfida parte adesso. La prima mission di Italia viva non può che essere quella di sfilare voti moderati al centrodestra in grande spolvero. I sondaggi al momento danno il movimento di Renzi intorno al cinque per cento, la partenza è stata da diesel ma il movimento va tenuto d’occhio. Quel che è certo è che, malgrado i tanti mal di pancia nel centro del centrodestra, non è facile sfilare big a una coalizione che i sondaggi vedono proiettata verso il successo elettorale per portarli da una parte in cui il futuro appare alquanto nebuoloso. Forza Italia in Sicilia si è rassegnata con il leader Gianfranco Micciché ad albergare in un centrodestra salviniano. Da queste parti di Renzi non ci si fida molto. Anzi, qui sotto voce qualcuno maligna che forse saranno i renziani a finire nel centrodestra e non il centrodestra a finire tra i renziani. Gli altri centristi al momento stanno a guardare senza sbilanciarsi troppo. L’unica significativa eccezione fin qui è il sindaco di Bagheria passato a Italia viva. Sarà un apripista? Qualche corteggiamento all’Ars è in corso e i rumours insistono a dire che i renziani presto saranno più di quattro a Sala d’Ercole. Si vedrà.

Se l’operazione si limiterà al casting di ceto politico da raccattare qua e là nell’altro campo, non si può dire che l’inizio sia stato sfolgorante. Se invece Italia viva si concentrerà sui contenuti, come insistono a dire con tanta buona volontà i suoi esponenti, allora la sfida assumerà altri connotati. La partita di Faraone, Sammartino e compagni comincia adesso.

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16 Novembre 2019, 09:46

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