28 Marzo 2017, 05:02
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CATANIA – Attentati farlocchi per “proteggere”gli imprenditori “amici” dal rischio di espulsione da Confindustria. Tremano i colletti bianchi catanesi dopo le ultime dichiarazioni del super pentito Santo La Causa, che Livesicilia è in grado di rivelare in esclusiva.
I verbali dell’ex capo militare dei Santapaola sono sul tavolo dei principali magistrati catanesi.
Verbali che scottano perché rivelerebbero l’esistenza di un patto tra mafia e, evidentemente, imprenditori travestiti da “antimafiosi”, che si spacciano per tali e che sarebbero aderenti a Confindustria.
Il Clan Santapaola avrebbe pianificato una strategia anti-antimafiosa per travestire da “vittime” di estorsioni, imprenditori “a disposizione” dell’organizzazione, imprenditori che pagano il clan e, in cambio, ottengono favori e protezione. Tra i favori ci sarebbe proprio l’aggiudicazione degli appalti.
Il collaboratore di giustizia parte dalla “summa divisio” degli imprenditori: quelli che sono “amici” e quelli che, invece, sono sotto estorsione.
Quello “amico” paga, ma viene aiutato dall’organizzazione a ottenere appalti. “Ci sono imprenditori e imprenditori – dice La Causa – perché inizialmente l’imprenditore nasce, per tanti, non per tutti, nasce vittima di estorsione, ma nel tempo poi diventa amico, perché l’imprenditore capisce che attraverso l’organizzazione criminale “Cosa Nostra”, ha dei vantaggi di prendere dei lavori in più”.
Il meccanismo descritto dall’ex boss dei Santapaola sarebbe stato ampiamente collaudato dal clan. “Tanti appalti – si legge nei verbali di cui Livesicilia è in possesso – che riuscivamo ad avere senza imprenditori, li dirottavamo agli imprenditori ritenuti più affidabili, più amici. Loro a sua volta, né si sentivano e né venivano ritenuti imprenditori sottoposti ad estorsione, ma imprenditori amici”.
A questo punto, il collaboratore – rispondendo a una specifica domanda del Pm – fa riferimento alla regola di Confindustria, varata da Ivan Lo Bello e Antonello Montante, che prevedeva la cacciata degli imprenditori che pagavano il pizzo e non denunciavano, proprio perché “pagando”, col tempo si rischia di sostenere la mafia, di favorirla, sino ad essere un concorrente esterno. La mafia, quindi, si sarebbe ribellata alla regola voluta da Lo Bello e Montante simulando estorsioni in accordo con le finte vittime.
Per definire la strategia anti-antimafiosa dei Santapaola, si sarebbe mobilitato il boss dei boss, Vincenzo Aiello, che insieme al capo militare della più pericolosa famiglia catanese, avrebbe pianificato ogni particolare. “Allora – spiega La Causa – con Enzo Aiello ritenemmo che per cautelare questi imprenditori amici, bisognava far fare loro delle denunzie, simulando di subire degli atti estorsivi e quindi fare in modo che si proteggessero da queste leggi”.
Attentati farlocchi per proteggere gli “amici”, a questo punto del verbale di cui siamo in possesso, sono presenti gli “omissis” inseriti dai magistrati. Le dichiarazioni aprono nuovi scenari che potrebbero portare all’individuazione dei beneficiari del travestimento da antimafiosi architettato da Cosa nostra.
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28 Marzo 2017, 05:02