07 Gennaio 2014, 22:31
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PALERMO – Sospeso per un mese. In via cautelare. Dopo la morte di una paziente a Villa Sofia, stroncata dalla setticemia, l’Ufficio procedimenti disciplinari dell’ospedale palermitano allontana per trenta giorni dal lavoro il medico Francesco Mazzola, in servizio nel reparto di Chirurgia plastica.
Una sospensione che, almeno per ora, è dovuta ad una violazione del contratto di lavoro. Il chirurgo avrebbe eseguito un intervento fuori dalle mura dell’ospedale entro le quali è obbligato ad operare. I parenti della vittima addirittura sostengono che lo abbia fatto in nero, senza rilasciare alcuna ricevuta fiscale. Le sue stesse dichiarazioni, con le quali ha ammesso di avere assistito la paziente a domicilio, sono alla base del provvedimento di disciplinare.
“La prestazione non autorizzata è un episodio gravissimo – spiega il commissario Giacomo Sampieri – che sarà valutato in sede disciplinare ma che comunque resta sullo sfondo della drammatica morte di una paziente. Io stesso ho allertato i carabinieri. Sarà la magistratura ad accertare un eventuale nesso di casualità tra l’infezione e l’operato del medico. Di certo un intervento non eseguito in ambienti sterili provoca rischi maggiori”.
Mazzola non ci sta: “Sono stato sospeso senza avere alcuna responsabilità e senza che il procedimento disciplinare sia mai stato aperto. Non sono in intramoenia perché l’azienda me lo vieta da due anni. In ogni caso ho eseguito una prestazione occasionale urgente che non necessita di alcuna autorizzazione da parte dell’azienda”. E la mancata ricevuta? “Non è stata fatta – si difende Mazzola – perché l’assistenza non era conclusa. Con la paziente era stato stabilito di vederci un’altra volta”. Poi, l’attacco: “Le responsabilità vanno cercate altrove”. Mazzola fa sapere di avere pronta una dettagliata memoria e sposta il tema sui veleni che da mesi ammorbano le corsie del nosocomio palermitano. La vicenda che lo vede protagonista sarebbe l’ultimo atto della guerra che si combatte all’indomani dell’arrivo prima del commissario Giacomo Sampieri e poi del primario Matteo Tutino. Mazzola ha presentato un ricorso al Tar contro la scelta della nuova guida medica del reparto.
La fredda e drammatica crionaca ci dice, purtroppo, che Giovanna Mesia, pensionata di 68 anni, è deceduta nel reparto di Rianimazione dopo che i medici avevano tentato di ricostruirle la parte della gamba dove un mese e mezzo fa le era stata asportata una piaga da decubito. Sono stati i familiari a puntare il dito contro il chirurgo plastico Mazzola che per primo, a casa della paziente, aveva eseguito “un intervento di escarectomia”. La gamba non guariva e la signora il 24 novembre è tornata al pronto soccorso. Da qui il ricovero nel reparto di Chirurgia plastica e la diagnosi: setticemia. Il primario Tutino ha informato il commissario. A suo dire l’intervento sarebbe stato eseguito senza rispettare le minime norme di sicurezza e senza alcuna autorizzazione a svolgere l’attività all’esterno dell’ospedale. Il commissario Sampieri ha chiamato in causa i carabinieri del Nucleo anti sofisticazione. Nel frattempo la donna è entrata in sala operatoria. Tutino ha eseguito un innesto cutaneo nella gamba ormai malata e la paziente è stata trasferita in Geriatria. Poi, la situazione è precipita.
Ieri mattina il decesso nel reparto di Rianimazione. Secondo Sampieri, “l’anziana è arrivata in ospedale in condizioni gravissime”. Dal punto di vista strettamente sanitario Mazzola spedisce le accuse al mittente: “Ho visto la paziente un’unica volta il 17 novembre. Dal successivo 24 novembre è stata ricoverata e operata in Chirurgia plastica apponendo un innesto di cute su una piaga già infetta. E su questo che bisogna interrogarsi per capire cosa sia successo”.
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07 Gennaio 2014, 22:31