PALERMO – I giorni di guerra aperta nel Partito democratico, “invece di un dialogo sereno”, le accuse di ‘brogli’ respinte al mittente (“si continua con un clima di sfida che evoca duelli rusticani”) e la conta interna: “una larghissima maggioranza del partito mi sostiene”. Sono giorni complicati per il Pd siciliano e per Anthony Barbagallo, segretario uscente e unico in corsa per quella che è una rielezione scontata ma anche molto contestata. “Ma io ce l’ho messa tutta per trovare la quadra, mi dispiace”, afferma. Ramoscello d’ulivo, invece, per la polemica sui contributi-mancia e la denuncia in Procura: “Nessun riferimento ai nostri deputati”.
L’iter congressuale è in pieno svolgimento ma il fronte che si contrappone alla sua rielezione continua a chiedere la pubblicazione dei nomi dei votanti all’assemblea per il regolamento del 27 gennaio.
“Trovo singolare che questo dibattito sia nato a trenta minuti dalla scadenza delle candidature per la segreteria, invece che nei giorni successivi a quel voto. Ci sono inoltre gli organi di garanzia del partito ed è stato pure nominato appositamente un commissario per il congresso per gestire queste fasi. Peraltro, come è stato ricordato, è stata proprio la direzione nazionale a ritenere valido il regolamento”.
Per i suoi avversari non sono questioni secondarie.
“C’è il tentativo di spostare le lancette del tempo a quattro mesi fa, mentre in settimana la netta maggioranza del partito ha firmato un documento che chiarisce in maniera netta da che parte sta. Dispiace, invece, che chi la pensa diversamente non abbia formulato una controproposta per discutere democraticamente all’interno del Pd. Avremmo potuto trovare condivisione di idee e sintesi, invece si continua con sfide che evocano duelli rusticani. Si batte sempre su un punto ma in realtà siamo già in un’altra fase politica”.
Ritornando all’assemblea di quattro mesi fa, non crede che sarebbe stato meglio fermarsi davanti a quel caos?
“Si continua a parlare di regole, quando anche il presidente del partito (Stefano Bonaccini, ndr), venendo in Sicilia, ha invitato tutti a parlare di contenuti. Il regolamento approvato quella sera è elementare, ed è lo stesso che ha ricevuto l’ok anche in altre regioni come la Calabria. La verità è che io in due mesi ho convocato per dieci volte gli organismi di partito per tentare di trovare la quadra. Ce l’ho messa tutta, mi dispiace che sia andata diversamente”.
La segretaria Schlein le ha detto qualcosa sulla situazione in Sicilia?
“Tra me e lei c’è un rapporto solido e di grande condivisione. Non parliamo di regolamenti o di ‘comunicazioni di voti’ ma di grandi temi e di azioni politiche da portare avanti”.
Un’altra polemica con il gruppo parlamentare all’Ars riguarda la famosa frase sulle mance e la denuncia in Procura.
“Su questo si sta alimentando una grande confusione. La segreteria regionale non ha denunciato nessuno. Abbiamo evidenziato che alcuni metodi di costruzione del consenso da parte di un certo ceto politico non corrispondevano a quanto prevede il nostro ordinamento giuridico, ma il riferimento non era certo ai deputati del Pd. In quei giorni arrivò poi la notizia che la Procura stava facendo altre indagini e così non ci siamo spinti oltre ma, lo ripeto, non c’era alcun riferimento ai deputati del Partito democratico”.
Per gran parte del gruppo parlamentare quelle accuse bruciano.
“Non voglio alimentare altre polemiche, ma anche in questo caso denoto il tentativo di spostare l’attenzione. Nella nostra presa di posizione avevamo evidenziato un’altra cosa: in quei giorni la segreteria regionale, allargata ai deputati, aveva condiviso l’impostazione in base alla quale, piuttosto che sostenere degli emendamenti territoriali, sarebbe stato più corretto puntare su grandi temi come la legge sulla povertà. Le cose, alla fine, sono andate diversamente, ma il tema era politico e non c’entrava la questione territoriale”.
Ora c’è da ricostruire un partito.
“Nella mia mozione utilizzo l’espressione ‘rigeneriamo’, che contiene l’inciso ‘amo’. Credo che abbiamo bisogno di un po’ di amore per il partito e spero che questo serva anche a stemperare un po’ le polemiche di questi giorni, che di certo non stanno facendo bene al Pd. Bisogna parlare di contenuti per iniziare a costruire l’alternativa”.
Da cosa partire?
“Dalla legalità, che per il partito che è stato di Pio La Torre non può non essere il primo impegno e la prima battaglia. A seguire la sanità pubblica: nei mesi scorsi abbiamo fatto un giro significativo nei territori e veniamo dai casi di Trapani, dell’Ortopedia di Patti e adesso del Civico di Palermo. Temi attualissimi. Ci sono poi la dispersione scolastica, la formazione e la riconversione green”.
Una parte della sua mozione riguarda anche lo stesso Pd.
“Sì, riguarda il modello di partito che vogliamo costruire. Con una comunicazione diversa e puntando su giovani e donne. Per costruire l’alternativa abbiamo bisogno, più che mai, di un partito femminista”.
Intanto ci sono state le elezioni provinciali.
“Abbiamo respirato una bella boccata d’aria fresca. Le vittorie di Trapani ed Enna marcano la possibilità che in Sicilia l’alternativa sia possibile. Abbiamo vinto in due Liberi consorzi su sei al voto per il presidente, questo significa che si può vincere e costruire. Abbiamo due anni di tempo. Ci sono le condizioni per accogliere l’insofferenza dei cittadini per il centrodestra e il suo metodo delle prebende per gestire consenso. C’è anche la delusione di tanti amministratori locali che in un momento di scarse risorse pubbliche subiscono una discriminazione insopportabile nell’uso dei fondi a disposizione da parte di una Regione che fa figli e figliastri”.
A febbraio il coordinatore regionale M5s Nuccio Di Paola ha lanciato su LiveSicilia la proposta di un ritiro in una abbazia per lanciare la corsa dell’attuale opposizione in vista delle Regionali. Condivide l’idea?
“Credo che il prossimo autunno potrebbe essere un buon momento per fare sintesi. Si potrebbero utilizzare le Amministrative del 2026 come banco di prova della coalizione, una sorta di rodaggio in vista delle Regionali 2027”.
Quale potrebbe essere la ricetta per vincere?
“Ricalcare il campo progressista e trovare al centro un contenitore che raccolga i delusi dal centrodestra e i civici autentici. Ci sono amministratori bravi e c’è un gruppo dirigente giovane che arriva dalle università e dal mondo studentesco: realtà che possono rappresentare una chiave di volta”.