10 Aprile 2017, 18:27
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PALERMO – La Chiesa è la comunità dei fedeli. E nel suo essere comunità c’è la risposta alle mille contraddizioni che l’attraversano. Si pecca, si litiga, si commettono reati. Né più ne meno che altrove. Con una differenza sostanziale. Senza per forza essere tacciati di moralismo a buon mercato è lecito attendersi da chi predica bene che razzoli meglio.
L’invito alla preghiera, raccolto da migliaia di persone che hanno affollato pochi giorni fa la messa serale in Cattedrale, a Palermo, non ha sopito la polemica. Don Alessandro Minutella lascerà la parrocchia di Romagnolo, ma non ha alcuna intenzione di chinare il capo. Ancora una volta ha scelto Facebook per dire che la Chiesa che ha servito per diciotto anni non gli piace più. Troppo aperta alle novità, troppo progressista da quando Papa Francesco ha preso il posto di Benedetto XVI, tanto che l’ha definita “falsa”. Si ritirerà a vita privata, come gli è stato intimato dal vescovo Corrado Lorefice, ma – c’è da scommetterci- non se ne starà il silenzio, forte anche dell’appoggio dei parrocchiani che stanno dalla sua parte e che oggi si sono radunati in Cattedrale.
Si litiga nella Chiesa e si pecca. Di quei peccati che mettono tutti d’accordo nella critica feroce. Quei peccati per cui non basta la punizione divina, ma serve l’anticipazione di quella terrena, regolata dal codice penale. Le cronache si riempiono di sacerdoti accusati di violenze sessuali.
Per tutti vale il principio della presunzione di non colpevolezza, ma le ricostruzioni degli investigatori, se confermate, non lasciano spazio alla misericordia. Padre Salvatore Anello tirava in ballo il demonio che si sarebbe impossessato di alcune donne qualora non si fossero piegate alle morbose attenzioni del sacerdote. Con la parola “esorcismi” avrebbe mascherato i rapporti carnali.
Roberto Elice e Aldo Nuvola (entrambi parroci a Palermo), il novizio Giusto Francesco Palazzotto, Sergio Librizzi, ex direttore della Caritas di Trapani, sono solo gli ultimi uomini di Chiesa finiti sotto accusa.
Nel trapanese le indagini avrebbero svelato un altro lato poco edificante della Chiesa e cioè l’attaccamento alle cose materiale che sfocia nell’illecito. Il vescovo di Mazara del Vallo Domenico Mogavero è indagato per truffa e appropriazione indebita. Non si trova traccia di parte dei contributi milionari – tra fondi della Cei, contributi regionali e donazione dell’8 per mille – che dovevano servire per costruire una nuova chiesa. E dire che Mogavero era stato inviato a controllare la gestione, anch’essa considerata poco trasparente, di un altro vescovo, quello di Trapani, Francesco Miccichè, sospeso dalla Curia e accusato di appropriazione indebita, malversazioni e calunnia. Aveva puntato il dito contro don Ninni Treppiedi, parroco ad Alcamo e suo braccio destro, che da accusato è diventato accusatore, dopo avere dimostrato la sua innocenza. Sono gli esempi di chi avrebbe predicato bene e razzolato malissimo in una Chiesa dove si pecca e si commettono reati. E si litiga, alzando i toni come nel caso dello “scisma di Romagnolo”, spia di una comunità rissosa ancora prima che misericordiosa.
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10 Aprile 2017, 18:27