Scambia foto "osè" su WhatsApp |Arrivano nelle mani di due pedofili - Live Sicilia

Scambia foto “osè” su WhatsApp |Arrivano nelle mani di due pedofili

Dalla denuncia di una adolescente siracusana la polizia postale ha scoperto un giro di pedopornografia minorile: le immagini erano finite nelle mani di 20 persone, di cui dieci minori. Sono tutti indagati: due sono catanesi. Perquisizioni e sequestri in 16 città italiane. Il procuratore Aiello: "Il web nasconde molti rischi". (Nella foto, un momento della conferenza stampa).

Operazione "Sexting"
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CATANIA – Ha fotografato alcune sue parti del corpo in atteggiamenti “equivoci” e le ha postate tramite Whatsapp a un amico maggiorenne. All’inizio, per l’allora quindicenne, tutto era partito come un gioco. Un gioco che però si è rivelato molto pericoloso, perché le sue immagini sono finite in un circuito vizioso, finendo nelle mani anche di due pedofili.  Si chiama “Sexting” l’operazione della polizia postale di Catania che ha portato a scrivere nel registro degli indagati della Procura dei Minori e della Procura distrettuale 20 persone, tra cui due catanesi. Dieci di loro non hanno ancora compiuto i 18 anni di età. Tranne due persone che hanno precedenti in materia di pedopornografia minorile, gli altri sono tutti studenti.

L’operazione è scattata quando i genitori della ragazza (oggi sedicenne), originaria della provincia di Siracusa, hanno trovato sul telefonino della figlia le immagini incriminate. I due hanno chiesto un consiglio all’Associazione Meter di Don Fortunato di Noto che li ha immediatamente diretti alla Polizia Postale di Catania. “Abbiamo ascoltato la giovane – racconta il dirigente Marcello La Bella – e abbiamo effettuato delle verifiche tecniche sullo smartphone: erano state cancellate alcune conversazioni di whatsapp che abbiamo recuperato anche perché erano utili per le indagini”.

Avviate le indagini, coordinate da Caterina Aiello, procuratore capo dei minorenni e dal pm Silvia Vassallo, e per la Procura dal pm Marisa Scavo, è stato scoperto come le foto “ammiccanti” dell’adolescente erano state scambiate attraverso internet tra più soggetti. Un sistema senza controllo che le ha portate su pc, cellulari e tablet di giovani di tutta Italia. E se nella maggior parte dei casi si trattava di studenti i incensurati, non è stato così per il romano e il milanese coinvolti. Uno dei due era stato arrestato anche per prostituzione minorile. “Questa è la dimostrazione – afferma il procuratore Aiello – che il web non è una zona franca, ma che ci sono molti rischi. I minori devono comprendere i pericoli: immettere su internet foto di parti anche intime, a prescindere dal lato etico e morale, rappresenta un grave rischio per se stessi e per i giovani con cui sono in contatto. Dalle nostre indagini emerge come questa attitudine a scambiare foto tramite cellulare o attraverso piattaforme social sia molto diffusa tra i minori, e questo porta a incentivare i reati di pedopornografia on line. Rischiano – aggiunge –di essere adescati in rete”.

Non solo facebook, dunque, rappresenta un luogo virtuale pieno di insidie. Ma anche i nuovi strumenti di condivisione e messaggistica dei cellulari. Con whatsApp è nato il fenomeno del “sexting”. “E questa operazione è una conferma – dichiara La Bella – di quello che quotidianamente diciamo nei nostri incontri nelle scuole”. L’operazione ha portato a perquisizioni in 16 città italiane: Catania, Siracusa, Ragusa, Palermo, Caltanissetta, Reggio Calabria, Potenza, Avellino, Roma, Reggio Emilia, Lucca, Milano, Torino, Cuneo, Treviso e Venezia. Sono stati sequestrati cellulari, tablet e computer.  E dalle prime verifiche sono state “scovate” le foto dell’adolescente che ha denunciato, ma alcuni degli indagati avevano un vero e proprio archivio di materiale pedopornografico di minori. Immagini che ritraevano adolescenti. Questi file saranno ancora oggetto di analisi da parte della polizia postale di Catania.

Il giovane (maggiorenne) che aveva “indotto” la ragazza siracusana a scambiare con lui le foto osè è stato anche denunciato per violenza privata. Ad un certo punto è arrivato anche a minacciarla affinché gli inviasse, sempre tramite WhatsApp, altre immagini.


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