20 Maggio 2012, 21:07
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Caro nuovo Sindaco, chiunque tu sia, credo che, oltre alle congratulazioni per aver vinto una sfida così complessa, hai bisogno di forti auguri per le difficoltà che ti aspettano nel governo di questa città geneticamente incarognita e tragicamente fancazzista, che ama bearsi di sedicenti glorie storiche che sono il segno della profonda ignoranza che nutre nei confronti dell’altro.
E proprio dell’altro vorrei parlarti adesso. Degli altri. Di tutti quelli che non ti hanno votato, che non hanno voluto o saputo contribuire allo straordinario successo che in questo momento stai festeggiando. È a tutti costoro che, secondo me, se vorrai essere un sindaco amato e rispettato, dovrai prestare attenzione nella, ripeto, difficilissima attività amministrativa che ti aspetta.
E non parlo – sia chiaro – di quelli che hanno votato per i tuoi avversari, che non troverai mai (gli italiani accorrono sempre in difesa del vincitore, e i tuoi rivali, come di consueto, saranno i tuoi primi e più sicuri alleati). Parlo semmai di quelli che non hanno votato del tutto. Per disillusione nei confronti della politica, per rassegnazione verso chi li comanda, per distrazione rispetto all’esistenza delle istituzioni, per cupa incompetenza.
Ma soprattutto perché non abilitati formalmente a votare. Gli Altri, appunto. Gli stranieri. I cosiddetti extracomunitari. Tutti coloro i quali per disperazione si sono installati nella nostra città, che nel bene o nel male li ha accolti. Coloro i quali si son fatti palermitani pur senza assumersene a fondo i diritti, il diritto di voto appunto. Sono loro che hanno tenuto in piedi i palazzi barocchi del centro storico quando nessuno se li filava; che andavano a passeggio al Foro italico anche prima che vi piantassero un po’ d’erba; che riempiono ogni domenica il santuario di santa Rosalia; che stendono la tovaglia del pic-nic nella giungla della Favorita. Che hanno cioè mantenuto, silenziosamente e pervicacemente, la più vera identità palermitana mentre tutti, tutti noi, come sempre, la disprezzavamo e continuiamo a disprezzarla.
Ma ci sono tanti altri che non hanno votato: sono i minorenni. Ragazzi già disperati perché senza futuro. Adolescenti rincoglioniti perché senza presente. Bambini che ancora sorridono nella loro beata insipienza, ma che molto presto saranno destinati a vivere in una città che – se non fai subito qualcosa – cominceranno a odiare visceralmente senza forse neanche accorgersene, e cioè a dire di amarla ma senza mai crederci veramente. E non voteranno mai: né per te né per nessun altro che possa ragionevolmente convincerli a non scappar via alla prima occasione.
*semiologo
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20 Maggio 2012, 21:07