19 Ottobre 2016, 11:37
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PALERMO – È il 13 settembre scorso. In una località protetta i pubblici ministeri Caterina Malagoli e Sergio Demontis mostrano un album al neo pentito Giuseppe Tantillo. È l’album con le fotografie dei presunti boss e picciotti della mafia di Porta Nuova. Si tratta di trentuno nomi. Non a tutti il collaboratore del Borgo Vecchio attribuisce un ruolo all’interno del clan. Di alcuni, però, ne racconta l’operatività. A cominciare da Alessandro D’Ambrogio, “capo mandamento di Porta Nuova…”.
Lo aveva conosciuto prima dell’arresto di Di Giovanni in una riunione… siamo stati incaricati di occuparci delle estorsioni… dell’acquisto di cocaina… dell’erba”. Giuseppe Tantillo e il fratello Domenico sarebbero diventati i referenti mafiosi del Borgo Vecchio. A loro si rivolgeva “Antonio Seranella, persona fidata di Alessandro D’Ambrogio…” per assegnare le “direttive in base alle estorsioni, all’acquisto di cocaina… in quanto lui dopo si è occupato anche di distribuirla in altri mandamenti insieme al fratello (Biagio Seranella, ndr)”. Un passaggio del verbale che conferma la centralità, siamo nel 2011, del mandamento di Porta Nuova. Così come la storia di un pestaggio mancato.
I fratelli Filippo e Agostino Matassa, considerati al vertice della cosca dell’Acquasanta (Filippo Matassa è suocero del pentito Vivo Galatolo), si sarebbero rivolti agli uomini di Porta Nuova per punire due commercianti. Tantillo non conosce il movente, ma ricorda che “Giuseppe Di Maio spesso accompagnava Alessandro D’Amrbogio e Antonino Criresi… una volta ci è stato mandato per una spedizione punitiva che si doveva fare in via dei Cantieri… cosa che non è avvenuta… di due ragazzi di via Montalbo che hanno una carnezzeria in quanto questi ragazzi avevano dei problemi con Filippo Matassa e il fratello Agostino…”. Il compito delle “mazzate” sarebbe spettato a Di Maio e a “D’Amico Salvatore…”. Tantillo doveva solo aspettare per intervenire in caso di necessità. Si erano appostati ma “non si è fatta perché aspettavamo in via dei Cantieri… uno dei fratelli… che abitava là… non è sceso… si opponevano all’imposizione di Matassa ma di preciso non so.. .”.
L’elenco dei riconoscimenti prosegue con “Nino Ciresi, una persona di primo piano” e “Marco Chiappara, questo ragazzo veniva sempre con Biagio Seranella a portarci la droga che dopo noi la davano a Domenico Canfarotta che la spacciava insieme ad altri”. La droga è tornata ad essere una delle principali fonti di guadagno del clan. Dalla vendita degli stupefacenti dipende “il pagamento dei carcerati”. E così sarebbe capitato che “a volte la compravamo da Marsalone… in quanto il prodotto che un paio di volte ci davano, sempre tramite Seranella, non era buono… e lui ci ha detto di organizzarci e lo abbiamo detto a lui… una volta che Marsalone faceva parte della famiglia Marsalone ce la faceva comprare con l’accordo di D’Ambrogio… capitava che Marsalone non ce l’aveva subito e avevamo bisogno nella borgata perché veniva Canfarotta…”. In tal caso Tantillo si sarebbe rivolto a “Guido Spina insieme al nipote Francesco Firenze”, molto conosciuti allo Zen. Spina detiene un record. Lo hanno arrestato e scarcerato una dozzina di volte per via delle sue precarie condizioni di salute. I soldi per i carcerati sono una priorità. Si rischia di fare saltare la catena di solidarietà che rappresenta uno dei punti di forza dell’organizzazione. In tanti aspettano l’arrivo dello stipendio versato ai parenti. Come nel caso di “Francesco Scimone, è figlio di Salvatore.. una persona del Borgo Vecchio, fa parte della famiglia è all’ergastolo, agli arresti domiciliari… 500 euro al mese”.
Infine Tantillo fa i nomi di “Alfredo Geraci… Ciresi mi diceva che era una persona che si occupava di estorsioni per conto di Ballarò” e di “Giacomo Pampillonia, una persona di fiducia di D’Ambrogio… gli faceva da guida con il motore… anche se doveva andare in qualche riunione lo accompagnava”.
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19 Ottobre 2016, 11:37