18 Settembre 2022, 06:35
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CATANIA. “Mi sono abbonato alla Tribuna B. Un abbonamento che praticamente non potrò mai utilizzare perchè non potrò esserci: ma l’ho acquistato con i miei amici storici per contribuire alla causa del Catania. Ci sarà il mio posto vuoto ma idealmente sarò seduto lì”.
Peppe Di Stefano il suo mestiere lo sa fare bene. Dalle cronache di fine anni duemila dall’allora Massanunziata a quelle di Milanello oggi su Sky Sport, il riverbero è lo stesso. Quello di una tenacia e di un talento che dalla provincia approda al grande palcoscenico dell’informazione.
E nella domenica che vede scattare il campionato di Serie D, sarebbe quasi irrispettoso non chiamarlo in causa per discutere del nuovo Catania. Un nuovo corso targato Ross Pelligra e che salpa, nel pomeriggio di oggi, da Ragusa.
Con Peppe Di Stefano scambiamo due battute intercettate tra un collegamento e l’altro in una sua lezione di semplicità e professionalità che non è da tutti.
“Ero alle scuole medie a Catania quando Mimmo Crisafulli e Maurizio Pellegrino fecero gol al Milazzo e andammo, di fatto, in Serie C. Era il Catania di Angelo Busetta – racconta come fosse ieri l’altro -.
Anni dopo mi ritrovo con la stessa passione di prima nei confronti di una religione qual è il Catania. Ci stiamo rendendo conto che non vale la Serie nella quale giochi: 9 mila abbonati, significa che stiamo parlando di una cosa diversa che una semplice categoria”.
E tra una cosa e l’altra è quasi doveroso ricordare come Peppe Di Stefano abbia volutamente incrociato (per primo) quello che poi sarebbe stato il patron rossoazzurro.
“Ho avuto la fortuna, quando è arrivato in Italia, di aver intervistato Ross Pelligra. Quando ancora c’era il bando e non si era certo che sarebbe stato il presidente. Attraverso un amico, lo raggiungo: con lui c’era anche Grella col quale ho instaurato un bellissimo rapporto. Realizziamo una bellissima intervista che andò su Sky ed io sui miei canali social scrissi: “Io non tifo per nessuno però mi sembrerebbe un peccato non dare in mano la società ad uno come lui”.
Uno come lui non è solo un appassionato di calcio, non solo un appassionato di Catania – perchè, attenzione, lui poteva prendere tante altre squadre tra i professionisti – è uno che crede in quello che fa e da lì capii che sarebbe cominciata una strada meravigliosa. Il futuro, secondo me, sarà bellissimo”.
Nel frattempo, serve adeguarsi alla categoria e all’ambiente. Non ci sono ricette che portano alla vittoria: nel football di ieri come quello di oggi è necessario sin da subito calarsi nella mentalità:
“Bisogna stare compatti. Perchè il campionato di Serie D è complicatissimo. Pesante. Noi abbiamo la fortuna di vivere al sud ma calcisticamente al sud ci sono campionati veri: dieci mila abbonati. Vai in Serie D, qui in Lombardia, ci sono 200 spettatori. E’ tutta un’altra storia. Qui vincono i più forti. Al sud, non sempre vincono i più forti e quindi bisogna avere delle certezze. E, allora, dico che il Catania in casa ha la possibilità di vincerle tutte perchè giocare al Massimino ed in quel manto erboso, si creano le condizioni per giocare davvero un buon calcio.
Fuori casa sarai chiamato a vincere di rapina. Fuori casa, scordiamoci di vincere 4-0 solo perchè il Catania è più forte. Potranno arrivare gli 0-0, lo 0-1 al novantesimo, a volte mangiare qualche boccone amaro: ma dovremo accertarlo perchè un’altra certezza è che nelle piazze dove si andrà a giocare sarà un pò come assistere ad una festa di città. Il ragazzo che gioca in Serie D avrà voglia di dimostrare quanto vale contro il Catania.
Il Catania quest’anno farà notizia a livello nazionale: qualunque saranno i risultati”.
Peppe Di Stefano, nemmeno pochi mesi fa, ha anche pubblicato un libro. Parla della sua quotidiana esperienza da corrispondente sul campo e non solo. “Milanello – La casa del diavolo”: un lavoro dettagliato, audace e scorrevolissimo. Destinato a rimanere. “E’ stata un’idea non mia. Il mio fraterno amico, e già da qualche anno direttore della Collana Sport per la Cairo Editori, Gianluca Di Marzio mi ha semplicemente detto: “Ho piacere che tu scrivi un libro”. Io non mi sentivo all’altezza della situazione ma ho ragionato su cosa potessi buttare giù e, alla fine, ho pensato che la soluzione migliore fosse raccontare ancora meglio quello che vivo giornalmente: ovvero, il centro sportivo di Milanello. Non c’è mai stato un libro del genere: 59 capitoli per 59 anni di storia.
A quel punto, ho chiamato tutti i miei amici del Milan: da Galliani passando per Gattuso, Inzaghi, Allegri, Ambrosini. Tutti con i quali mi ero trovato a lavorare in questi anni ed ognuno di loro ho chiesto aneddoti, racconti, una storia. E quasi tutti mi hanno detto sì.
La pubblicazione del libro è, poi, coinciso con la vittoria dello Scudetto da parte del Milan e c’è stato anche un boom di vendite.
Potrei raccontare tantissimi aneddoti: di Gattuso che mangia la lumaca, delle abitudini di Van Basten di dormire per terra o con neanche un filo di luce dentro la camera, delle tisane prima della partita di Shevchenko e Inzaghi, del cappuccino degli olandesi la sera prima di andare a dormire. Ma la cosa che più mi è rimasta impressa, e qui la politica non c’entra nulla, è come Silvio Berlusconi abbia cambiato la mentalità del Milan: com’è stato in grado di cambiare la comunicazione nel mondo del calcio. Sono riuscito a sentire cento dipendenti di Milanello. Nessuno si è sottratto alle domande, nessuno si è sottratto indietro. Significa che la comunicazione è un asset importante nel Milan: ai tempi di Berlusconi si doveva fare comunicazione. Una squadra che non si chiudeva e si apriva alla comunicazione. E la comunicazione è della gente”.
Ma, intanto, il Catania torna al suo campionato. Portatore sano di un sogno bello e possibile. In Tribuna B al Massimino c’è un posto che pare vuoto: ma è solo l’illusione di un cronista-inviato che quella poltroncina da abbonato la porta con fierezza nel cuore.
Buon campionato a tutti.
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18 Settembre 2022, 06:35