26 Settembre 2013, 06:00
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CATANIA – “Alessandro Bonaccorsi era in pieno delirio di onnipotenza”. Parole di fuoco quelle del Pm Pasquale Pacifico pronunciate nel corso della requisitoria per il processo, nello stralcio del rito abbreviato, celebrato davanti al Gup Daniela Monaco Crea che vede imputati 11 persone tra le 20 arrestate dalla Squadra Mobile nel luglio del 2012 nell’ambito di un’operazione antidroga della Dda contro il Clan dei Carateddi. “Per ritornare ad essere il reggente – continua il sostituto procuratore – Bonaccorsi tenta di ottenere gli arresti domiciliari con l’aiuto di un operatore sanitario e una campagna stampa non estemporanea ma pianificata per dimostrare che la sua detenzione non era compatibile con le sue condizioni di salute”. Un passaggio cruciale delle dichiarazioni del Pubblico ministero che, dopo la requisitoria di Antonella Barrera, terminano con la richiesta al Giudice di 20 anni di carcere per Alessandro Bonaccorsi. Condanna pesantissima se si pensa che il processo si celebra con il rito abbreviato che prevede uno sconto di un terzo della pena prevista dalla legge. Due decenni di galera anche per Giovanni Musumeci, altro imputato anche lui ritenuto dall’accusa elemento di spicco dei Carateddi.
LO SCANDALO. Coinvolto nell’inchiesta anche un colletto bianco. Il dirigente del Vittorio Emanuele Maria Costanzo, che sarà però processata con il rito ordinario, è accusata di essere l’operatore sanitario che aveva preso accordi con la moglie di Bonaccorsi, Bruna Strano (anche lei imputata) affinché falsificasse la cartella clinica del marito in modo da fargli ottenere i domiciliari. Antonella Barrera è chiara nella sua requisitoria: il dirigente medico avrebbe “concesso” favori dietro i regali offerti dalla moglie. E “quasi” inequivocabili sono le intercettazioni dal carcere nel corso dei colloqui tra moglie e marito. Tutto era pronto ma il piano, per colpa di un disguido, fallì. Il 29 giugno 2010 Alessandro Bonaccorsi si reca in reparto perché si era sentito male e secondo gli accordi, la Costanzo avrebbe dovuto praticare una medicazione che avrebbe impedito il ritorno in carcere. Tutto saltò perchè quel giorno il dirigente del Vittorio non era in reparto, un’assenza – secondo i racconti della polizia – pesantemente contestata dalla Strano che avrebbe detto di essersi pentita di aver dato denaro e regalie inutilmente alla dottoressa. Un quadro probatorio – secondo il difensore della Costanzo – molto carente. La dirigente del Vittorio a causa dell’inchiesta è stata sospesa dal servizio.
L’INCHIESTA – Il sostituto procuratore della Dda Pasquale Pacifico nella sua requisitoria si focalizza sui cinque imputati accusati di associazione mafiosa: Alessandro Bonaccorsi, Giovanni Musumeci, Marco Rapisarda, Salvatore Bonvegna e Paolo Ferrara. Il Pm descrive con dovizia di particolari la complessa e articolata attività d’indagine che fotografa un arco temporale che va dal 2008 al dicembre del 2011 e si sviluppa dal filone Revenge, operazione che azzerò i vertici dei Carateddi. Con i boss tutti dietro le sbarre i Nizza, famiglia affiliata ai Santapaola, approfittando del momento di fragilità all’interno del clan avrebbero messo le mani in molte piazze di spaccio. Tensione che avrebbe portato alla pianificazione da parte dei Caratteddi di un’azione di fuoco contro gli esponenti di Cosa Nostra catanese. Alessandro Bonaccorsi, da come emerge dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e dalle intercettazioni, sarebbe diventato con Sebastiano Lo Giudice in carcere il nuovo reggente e avrebbe progettato di porre fine alll’invasione dei Nizza negli affari del Clan attraverso un intervento “militare”. Prova del piano criminale sarebbe il blitz il 16 marzo del 2010 della squadra mobile in un appartamento che portò all’arresto di alcune persone mentre cercavano di disfarsi di alcune armi, che dovevano essere usate proprio contro un esponente dei Nizza. L’intesa però sarebbe stata presto ristabilita grazie ad un vertice organizzato qualche settimana dopo. Di questo incontro Pacifico racconta particolari emersi sia dalle intercettazioni in carcere durante i colloqui tra Bonaccorsi e la moglie Bruna Strano che da dichiarazioni di un collaboratore di giustizia. Ad aprile del 2010 l’imputato manifesta le sue preoccupazioni alla consorte che lo tranquillizza informandolo della riunione organizzata proprio per rimettere a posto le cose. A questo “summit” secondo le parole di un pentito avrebbe partecipato Francesco Finocchiaro a Catania in permesso premio dal suo periodo di detenzione.
IL RUOLO DI BONACCORSI– L’inchiesta si basa sulle dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia Gaetano Musumeci, Gaetano D’Aquino, Natale Cavallaro e Vincenzo Fiorentino. Parole che hanno trovato riscontri dalle attività di indagine supportate anche da intercettazioni ambientali e telefoniche. Bonaccorsi avrebbe avuto un ruolo apicale nel clan soprattutto nella gestione delle piazze di spaccio e nel traffico di droga. Anche se la sua vita all’interno della cosca non sarebbe stata sempre “ben vista. Nel corso di un processo per rapina aveva fatto i nomi dei suoi complici, comportamento da infedele che causa il suo allontanamento dai Caratteddi. Sarà Sebastiano Lo Giudice a farlo rientrare. Bonaccorsi per “ingraziarsi” il boss, racconta Fiorentino, quando viene scarcerato gli regala un chilo di cocaina e un cavallo da corsa. Un potere dato anche dato dalla disponibilità di denaro e di armi. Dalle intercettazioni in carcere la moglie parla di un nascondiglio: partono le perquisizioni a casa dell’imputato e del cognato Massimo Leonardi. In totale vengono trovati all’interno di un caveau oltre 800 mila euro in contanti, tutti divisi in mazzette avvolte nella pellicola trasparente.
GLI ALTRI IMPUTATI – Giovanni Musumeci, altro uomo ritenuto al vertice nella cosca, transita nei Caratteddi tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010. Faceva parte del gruppo Santapaoliano di Turi Amato. Musumeci ritenuto uno dei killer dell’omicidio Tucci, (delitto di cui è accusato nel processo Revenge 3) secondo l’accusa, avrebbe gestito le piazze di spaccio di Lo Giudice. Anche Marco Rapisarda sarebbe di recente affiliazione al Clan. L’associazione mafiosa è contestata, come detto anche a Salvatore Bonvegna (detto Turi Do Locu) e Paolo Ferrara. Del suo modo di operare non era contento Orazio Finocchiaro, in una lettera indirizzata alla madre ma letta a casa di Giovanni Musumeci dove erano installate le cimici infatti il boss evidenzia la sua insoddisfazione sulla gestione delle piazze di spaccio, quindi ordinava di sostituirlo con un altra persona.
Antonella Barrera, sostituto procuratore della Dda, fornisce al Gup Daniela Monaco il quadro probatorio degli altri imputati che hanno scelto il rito abbreviato a cui è contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti: Bruna Strano, Maurizio Bonsignore, Concetto Bonvegna, Salvatore Bracciolano, Robertino Scrivano e Marco Strano. La moglie di Bonaccorsi è accusata anche di falso e corruzione.
LE RICHIESTE DI PENA – I pm Pasquale Pacifico e Antonella Barrera hanno chiesto 20 anni, come detto, per Alessandro Bonaccorsi e Giovanni Musumeci. 14 per Marco Strano e Salvatore Bracciolano. 12 anni di carcere per Salvatore Bonvegna, Salvatore Rapisarda, Maurizio Bonsignore e Paolo Ferrara. 11 anni è la richiesta dell’accusa per Concetto Bonvegna
IL RITO ORDINARIO – Per il 7 novembre è fissata l’udienza per il processo ordinario che si celebrerà davanti alla terza sezione penale del Tribunale di Catania. Il pm Pasquale Pacifico si troverà davanti Orazio Finocchiaro, il boss che secondo gli investigatori nel 2011 aveva inviato i pizzini in cui era contenuto l’ordine di ammazzare proprio il sostituto procuratore della Dda di Catania. Seduti accanto a lui sul banco degli imputati ci saranno Emilia Anastasi, Rocco Anastasi, Maria Bonnici, Filippo Bonvegna, Filippo Crisafulli, Massimo Leonardi, Daniela Strano e il medico Maria Costanzo.
L’INTERCETTAZIONE DI BONACCORSI DAL CARCERE
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26 Settembre 2013, 06:00