Perquisito lo studio di un avvocato | Ecco il video della polemica

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06 Giugno 2013, 19:33

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PALERMO – E adesso il caso si sposta al consiglio dell’Ordine e alla Camera penale. La perquisizione nello studio di un penalista palermitano è stata inserita all’ordine del giorno delle sedute degli organismi dell’avvocatura palermitana convocate per oggi. Sono state visionate la immagini delle telecamere piazzate nello studio.

La domanda è secca? Cosa è successo giovedì scorso nelle stanze del legale trentottenne. Sono state davvero violate le procedure come sostiene Stefano Giordano, collega e difensore del giovane avvocato protagonista della vicenda, che non ha dubbi: “Ho presentato un esposto-denuncia alle Procure della Repubblica di Palermo e Caltanissetta, e ho allertato il consiglio dell’Ordine”.

Questa la sua ricostruzione dei fatti: “Il collega mi ha chiamato per avvertirmi che stavano perquisendo il suo studio. Era preoccupato perché in casa c’era l’anziana madre (lo studio professionale è ospitato nell’abitazione della famiglia dell’avvocato ndr). Ho trovato i poliziotti del commissariato Zisa che controllavano armadi e cassetti. Ho spiegato all’anziana signora, visibilmente spaventata, che poteva restarsene tranquilla. Non era obbligata a seguire gli agenti. Ed è nata la prima discussione con i poliziotti”.

Il clima si accende. “Chiedo ai poliziotti – prosegue Giordano – di leggere il decreto di perquisizione. Voglio capire di che si tratta. Se ci sono le condizioni per chiedere l’applicazione dell’articolo 103 del Codice di procedura penale”. Quando la perquisizione avviene nello studio di un avvocato la legge prevede che venga avvisato il consiglio dell’Ordine della città in cui è iscritto il legale. “Voglio capire – prosegue il racconto – se la perquisizione è un atto autonomo della Polizia giudiziaria o se c’è una delega della Procura della Repubblica. Niente, non mi hanno riposto”. L’articolo 103 e’ a garanzia non dell’avvocato ma serve a garantire la riservatezza dei dati dei clienti i cui fascicoli si trovano nello studio perquisito.

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Non è tutto. Giordano spiega che, alla fine della perquisizione, i poliziotti si sarebbero rifiutati di verbalizzare quanto accaduto. Comprese le sue rimostranze. Cosa che è poi avvenuta in commissariato, ma a sera inoltrata: “Solo allora ho rettificato quanto verbalizzato dagli agenti di polizia”.

Nel verbale c’è scritto qualcosa che non convince Stefano Giordano. “Hanno scritto di essere entrati in un appartamento e non in uno studio legale. Io ho obiettato che le cose non stavano così. E ho precisato che loro sapevano benissimo che erano entrati nello studio di un avvocato”. L’avvocato non ci sta. Vuole andare avanti nella faccenda. Vuole capire perché, per alcune ore, ha creduto di essere “a Bogotà e non a Palermo”.

Pochissimo trapela della faccenda alla base della perquisizione sulla cui dinamica, dall’ufficio stampa della Questura, spiegano che ci sono ragioni di riserbo investigativo che vanno salvaguardate.  Sembrerebbe esserci un esposto in cui qualcuno sostiene di essere stato minacciato con una pistola dal giovane avvocato. Ed era forse proprio l’arma che gli agenti cercavano nella casa-studio. Della pistola, però, non c’era traccia.

 

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06 Giugno 2013, 19:33

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