Pesciolino, la Vucciria nel cuore

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27 Gennaio 2011, 12:19

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«Le balate della Vucciria ormai sono asciutte e così è stato distrutto uno dei proverbi più vecchi di Palermo quando si diceva che qua succedeva sempre qualche cosa, che c’erano le pescherie, c’era sempre bagnato in terra e il bagnato era la vita del quartiere e dei vicoli. E io, La Vardera Salvatore, per qualcuno Totuccio, per i più “Pesciolino”, che cosa sarei io senza i vicoli? Da ragazzino era nei vicoli che trovavo le arance buttate, “arance d’in terra”, era nei vicoli che trovavo gli amici. Da adulto ci ho trovato la cultura che non mi ha dato la scuola perché qua le pietre parlano una lingua che capiamo tutti e la vera cultura è quella dell’amore per il posto che ti ha fatto da culla, per le persone che vivono accanto a te con le quali parli, ragioni, litighi, ridi, piangi. Qui ho imparato la solidarietà e pure la politica che a farla bene non è una cosa tanto cattiva. Sono stato uno dei protagonisti della “primavera di Palermo” e ho aiutato Luca Orlando che lui lo sa quanto. Perché lui stava dalla parte giusta e la gente di qui lo capì anche se magari qualcuno pensava che questo suo parlare per la legalità magari poi si traduceva che qua arrivavano un sacco di controlli, puntunieri, carabinieri. Ecco la cultura: spiegare a uno della Vucciria che non è detto che un puntuniere è una disgrazia, che la legalità non sono gli sbirri dei Beati Paoli. A 65 anni ho cambiato il cuore nel senso del muscolo. Ma il cuore del pensiero quello non ha mai avuto bisogno di trapianti perché l’ho riempito sempre. Con che cosa? Con tutto l’amore possibile».

«Eravamo sei figli nella casa del rione San Pietro. Io ero il secondo. Voglia di studiare zero. Ammuttato a calci per prendermi la quinta elementare. Ma basta che aggiornava il tempo io me ne andavo all’antimurale e mi andavo a divertire con gli amici a fare tuffi che parevo Tarzan. Ma quando tornavo a casa, siccome di famiglia siamo tutti chiari di pelle, mio padre mi vedeva che ero bruciato dal sole e allora mi faceva levare la maglietta e mi leccava le spalle. Se sentiva salato, scippavo legnate».

«A un certo punto, un giorno, ci disse a mia madre: prepara un cambio di robe che Totuccio viene con me a lavorare. Ma quale cambio. Che avevamo, cambio di robe? Andavamo con quelle americane o con quelle regalate da chi stava un poco meglio di noi e non ci voleva molto. Mio padre era fontaniere e lavorava nei cantieri. E cominciai ad andare con lui, a fargli da mezzo braccio. Imparavo presto e mi feci pure il fisico perché io che ero mingherlino, mi rinforzai perché, a quei tempi, il fontaniere era un lavoro pesante».

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(…)

«Alla politica sono arrivato dal vicolo. Intanto ero diventato presidente della Federazione Regionale Fieristi e di altre associazioni del settore. Organizzavo migliaia di commercianti in tutta la Sicilia utilizzando solo la cultura del vicolo. E funzionò. Nel frattempo nacque la Rete, il movimento fondato da Leoluca Orlando. Un’avventura entusiasmante che mi porto dentro come una costola. Era una vita intensissima: Orlando lo portati a contare tutte le balate della vucciria. Lo facevo parlare con la gente del quartiere che magari in un primo momento era diffidente. Ma io, come posso dire….facevo da interprete, traducevo i suoi discorsi in un linguaggio che alla Vucciria potessero capire. Non era questione di parole. Non è conto che alla Vucciria parliamo arabo. Era questione di concetti. E per Orlando fu un plebiscito. Io stabilii legami col parroco della chiesa dei Cassari don Ninni Zito e cominciammo ad organizzare col lui e con Franco Presti, una Via Crucis tra le più belle di quelle fatte a Palermo per la Settimana Santa: oltre duecento figuranti, e con la Vucciria come palcoscenico».

«Diventai pure consigliere comunale. Duemila voti presi, e non ci credeva nessuno. Ma io lo sapevo che la gente era con me. Furono anni bellissimi anche se poi la Rete finì come finì. Ma io non escludo di ricandidarmi, ora vediamo. Penso ai tempi passati a quelli che mi dicevano: Pesciolino, resta come sei, non cambiare. Penso a quando guidavo le occupazioni del Municipio e i giornali dicevano che era come l’assalto alla Bastiglia nella Rivoluzione Francese. Ma che devo dire? Erano altri tempi. Abbiamo fatto rifare il basolato nuovo qui alla Vucciria. E portato l’acqua pulita, che qui sino a non molti anni fa si beveva acqua di fognatura e i bambini cadevano malati. Ma ora le balate della Vucciria, anche se nuove, si sono asciugate. E nessuno pensava che sarebbe mai accaduto. Lo vedi? Siamo seduti al bar in piazza e tutti mi salutano perché ci conosciamo da troppi anni. Ma nessuno è contento perché qui non c’è più niente. E allora penso sempre che la rivoluzione qui è un cato d’acqua. Per bagnare le balate. Ma pure per fare nuotare un pesciolino che ora ha due cuori: uno nuovo, carico di sangue e uno antico carico d’amore».

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27 Gennaio 2011, 12:19

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