Pestaggio dei Tamil | Condanne per 65 anni di carcere

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23 Gennaio 2013, 16:44

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PALERMO – Sessantacinque anni di carcere. Questa la pena complessiva comminata dai giudici della quarta sezione penale del tribunale di Palermo contro la banda che, la notte fra il 18 e il 19 ottobre 2011, si è resa protagonista del pestaggio a colpi di caschi e spranghe di due giovani tamil, Mohanraj Yoganathan e Naguleashworan Subramaniam, che stavano tornando a casa loro, nel quartiere della Zisa.

Il collegio presieduto da Vittorio Alcamo ha deciso la condanna di Mirko Rasa e Salvatore Savignone a 15 anni e mezzo di carcere, di Massimiliano D’Alba a quindici anni e, infine, di Vicenzo Cilona a 19. Tutti rispondevano di tentato omicidio . E’ caduta, infatti,come spiega l’avvocato Turrisi, l’aggravante dei motivi razziali mentre è stata riconosciuta l’attenuante del concorso anomalo: hanno concorso all’omicidio ma non volevano commetterlo.

Si è tratato, comunque, di una violenza inaudita e ingiustificata, “un’azione efferata che ha dimostrato un’indole malvagia e priva di umanità” l’ha definita il pm Gianluca De Leo rappresentante dell’accusa. “Nei dialoghi in questura tra gli imputati non c’è nessun riferimento alle condizioni delle vittime, anzi c’è la continua manifestazione di odio verso i cittadini extracomunitari e di colore” ha detto il pm nella sua requisitoria e, del resto, la video-intercettazione che mostra Vincenzo Di Giovanni, il capo-branco già condannato in abbreviato a 14 anni, mentre mima l’aggressione vantandosene (nella foto) è l’immagine più eloquente di tutta la vicenda.

L’ira di parenti e amici degli imputati alla lettura del verdetto ha invaso il secondo piano del palazzo di giustizia di Palermo, dove tutte le transenne poste per i lavori in corso sono state gettate in terra, mentre le urla e gli improperi hanno fatto da sottofondo al post-sentenza. Finale ideale del film andato in onda nell’arco del processo in cui una sfilza di testimoni è salita sul banco per non dire una sola parola, compresi i titolari della panineria di fronte alla quale è avvenuta l’aggressione che, proprio per questo, non possono non avere visto e oggi sono iscritti nel registro degli indagati per falsa testimonianza.

Il lascito di questa vicenda – che svela una Palermo razzista proprio nel quartiere che più degli altri ha rappresentato un esempio di integrazione e di convivenza di diverse culture, come sottolineato dall’avvocato di parte civile, Francesco Crescimanno – è nelle foto dei due giovani ridotti in fin di vita e costretti a cambiarla, la propria vita. Subraniam prima dell’aggressione si occupava di informatica e componenti elettronici, oggi è tornato nel suo paese e non è più capace di compiere azioni elementari. “E’ una persona offesa nel corpo e nella mente, costretto a tornare in patria per paura” ha spiegato il pm in aula. Mentre Yoganhatan, per via della testimonianza resa nelle indagini, è stato inserito nel programma di protezione e adesso vive in una località segreta. “Tutto questo per motivi razziali ignobili” ha concluso De Leo. Così Palermo si è scoperta città razzista.

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23 Gennaio 2013, 16:44

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